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I divertimenti nel dopolavoro medievale slavo-russo

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I divertimenti nel dopolavoro medievale slavo-russo

© 2021 di Aldo C. Marturano

La voce di donna era certamente udibile nell’assemblea del popolo (ve?e) per diritto a G. Novgorod e nell’islamica Bulgar-sul-Volga, ma nell’ambiente ebraico dei càzari circolavano ammonimenti contrari in proposito.

Rav Jose ben Johanan di Gerusalemme nella Mishna, Avot I 5 era stato chiaro:

«La tua dimora sia spalancata, siano i poveri i tuoi amici di casa e non parlare troppo con una donna. I saggi lo hanno scritto delle loro donne e ciò vale anche di più per la donna del tuo prossimo. Da tutto ciò dicevano i saggi: Ogni uomo che parla molto con una donna, attira guai su di sé e cessa di studiare le parole della Torà e alla fine eredita un posto fra i dannati

L’analfabetismo dei credenti, maschi e femmine, era inoltre auspicato dalla chiesa cristiana che riservava lettura e scrittura solo ai testi ecclesiali e perciò solo al personale autorizzato.

Ma nel cuore della Rus di Kiev e in centri importanti come Polozk, Kiev o G. Novgorod l’analfabetismo al femminile non si verificò del tutto e tanto meno lungo il litorale del Mar Nero o nel mondo islamico.

Non solo!

Le amorose corrispondenze scritte su scorza di betulla (berjòsty) c’erano e qualcuna ve l’ho mostrata, benché si contino sulle dita d’una mano quelle ritrovate dagli archeologi sull’argomento amoroso.

E la voce femminile non si esprimeva al meglio nel canto ammaliatore e nella danza che parlava col suo corpo?

La tradizione folcloristica

Purtroppo quanto al canto medievale russo non ho trovato abbastanza.

La tradizione folcloristica e la letteratura popolare hanno lasciato numerosi testi che per il contenuto dovevano per forza essere cantati da cori di donne spesso coadiuvate da una solista.

Dalle fonti musulmane inoltre ho riscontrato che fra le schiave a Cordova o a Rayy (Teheran), le slave erano apprezzate più di altre nei servizi canori.

Ciò ci dice qualcosa a riguardo?

I divertimenti nel dopolavoro medievale slavo-russo

Esaminando il canto maschile di cui ci sono tracce nella cultura orale si può ipotizzare che le dichiarazioni d’amore sotto forma di serenate erano ammesse e cantate da gruppi di musicanti e ciò specialmente a G. Novgorod. La città internazionale e più emancipata da ogni punto di vista.

Non solo! I canti maschili (forse è meglio dire le cantilene) servivano soprattutto a raccontare il passato attraverso versi e ritornelli allo scopo di consolidare in questa maniera le tradizioni.

Quasi nulla ho trovato invece sull’impiego di castrati-cantori presso le chiese o i conventi slavo-russi. Sebbene il mercato degli schiavi esportati dalla Pianura Russa fosse pieno di ragazzi di slava provenienza presso i “castratoi” di Samarcanda, ad esempio.

L’unica notizia che ho a riguardo è (P.O. Scholz, 2001) che, nell’ambito del lavoro missionario a Smolensk, nel 1137 si stabilì un certo Manuel Castratus di provenienza occidentale con la sua compagnia di voci per insegnare canto ai giovani nella cattedrale di ?ernigov.

I nomadi delle steppe amavano il canto dei loro maschi e lo sfruttavano con gli stessi scopi amorosi fin qui accennati. Salvo che maggiormente indulgevano in testi lascivi e ammiccanti per solleticare il desiderio delle loro donne che rivedevano dopo mesi di solitario pascolo.

Comunque non son riuscito a capire se i popoli turcofoni usassero le voci di cantori-castrati o di bambini appena puberi in occasione delle solennità sacre e se le ragazze e le anziane si esibissero in canti e danze orgiastici.

Ho registrato invece che con il rylei, una chitarra orizzontale da suonare accovacciati amata e diffusa fin sul Don, i capiclan dell’etnia turcofona kazaka si facevano intonare canzoni d’amore mentre erano in compagnia dell’amante di turno, maschio o femmina. Pare a proposito che il suonatore-cantore era più apprezzato se fosse stato cieco!

Lo stumento musicale drumla o drymba

Lo strumento che gli svedesi dicevano eccitasse al massimo gli ascoltatori maschi e perciò amatissimo e suonato dalle donne, era la drumla o drymba. O come era chiamato a G. Novgorod, il vargan (dal greco organon o strumento sessuale in gergo)ossia il marranzano o scacciapensieri (sic!).

divertimenti nel dopolavoro medievale slavo-russo
Bellezza tatara col vargan in un reenactment, 2017. . Immagine concessa da Aldo C.Marturano

Lo strumento è di provenienza centro-asiatica (in tataro è il kubyz) o, anzi meglio, di origine zingaresca con una vaga forma fallica. Penso pure che, uditi i vari suoni che poteva produrre, era usato in città per parlare d’amore da lontano a chi naturalmente sapesse riconoscere i suoni… più meno come il cinguettio degli uccelli in amore!

Lo si fa ancora in Siberia fra innamorati …

A volte il vargan è chiamato lo strumento degli ebrei forse perché era usato da Càzari mercanti per scambiarsi appunto notizie e appuntamenti.

I divertimenti nel dopolavoro medievale slavo-russo

Nominavo l’etnia zingara, i Roma, poiché nel Medioevo Russo sono gli unici ammirati musici e attori di strada (skomorohi). Non essendoci altre scuole a cui accedere per imparare canto e danza per insufficienza di monasteri e conventi femminili, ad esempio.

L’apporto culturale dei Roma è tardivo giacché nella Pianura Russa compaiono nel tardo XIII sec. accodati ai Tataro-mongoli dopo aver lasciato la loro sede persiana e dove erano chiamati Liuli o Luri.

Purtroppo per quanto riguarda canto e canti d’amore da loro propagati posso scrivere ben poco, se non che nei ritornelli di molte canzoni popolari si sente ripetere la parola ljuli/luli che, guarda caso, è giusto l’etnonimo detto poc’anzi.

Aggiungo però che c’è una sospetta consonanza con una divinità molto popolare fra gli slavo-russi, Ljolja, che, come i balto-slavi per Lada, si credeva attizzasse la passione nel fare all’amore.

Tuttavia per il ruolo pagano dell’arte cantoria degli zingari devo rammentare che la chiesa raccomandava di non frequentarli, gli zingari. E raccomandava in nessun caso nemmeno d’ascoltare i loro canti e le loro storie oscene!

In cambio il cristianesimo slavo-russo incoraggiava le famiglie più abbienti a investire nella costruzione di conventi femminili nella Rus di Kiev. Dove alle giovani pagane si sarebbero insegnati i cori inneggianti al dio cristiano. Ma come ho scritto altrove, furono pochi i conventi fino al XV sec. cioè col potere moscovita.

Certo è che i repertori popolari circolanti rimasero a lungo lascivi e ammiccanti come si immaginavano i suoni vocali delle ninfe ammaliatrici della selva (vily, rusalki).

Le danze, divertimenti in voga tra ragazze e ragazzi.

Quanto alle danze (pljaski), i divertimenti più in voga fra le ragazze e i ragazzi, lo schema era solitamente in gruppi di sole donne e/o di soli uomini che ballavano in circolo. Se possibile ballavano intorno a un albero magico come il melo, mentre la musica andava con l’accompagnamento vocale e con battiti di mano ritmati dai tamburelli degli astanti.

Nessuna meraviglia che nelle danze in circolo – i horovody, oggi presentati come tipo di danze folcloristiche e nazionali – si cantassero storie di imprese sessuali degli eroi dei tempi andati e nello stile dei movimenti erotici erano abbastanza ripetitive.

Per le danzatrici erano previsti o la quasi nudità o abiti semplici. Ossia camicioni assolutamente bianchi lunghi fino alle ginocchia che nelle piroette che nelle giravolte lasciavano intravvedere le bellezze corporee intime senza scandalo.

I circoli danzanti spesso erano due ed erano formati da maschi e da femmine che volteggiavano l’uno accanto all’altro fino a scontrarsi, glutei con glutei.

Dopodiché ci si lasciava andare in duetti erotici per il diletto degli astanti e le ragazze fuggivano inseguite dai ragazzi. Era uso che si formassero le coppie acchiappandosi per i genitali o per le mammelle e facendosi acchiappare poi copulassero sul posto. Le danze più sfrenate erano quelle delle feste nuziali, perezvy, che il maestro di festa, družko, dirigeva con solennità.

Seguo qui l’etnografo M. Dikarev (repr. 2020) che le descrive aventi un carattere eminentemente fallico.

Il mio autore cita anche la haljandra degli zingari (cigany) per i gesti insoliti in cui i danzatori e le danzatrici si tengono non per le mani ma per le orecchie, i maschi le femmine, e per gli organi genitali, le femmine i maschi. Al ritmo dei tamburelli saltano mentre si sculacciano l’un l’altra.

I divertimenti nel dopolavoro medievale slavo-russo

La danza e il sacrificio.

I horovody nascevano da usi e divertimenti vecchissimi fra cui quello di preparare la persona scelta, un maschio, al sacrificio cruento.

Ebbro/a di droghe e vacillante, la prevista vittima veniva dapprima caricata di ogni bruttura compiuta nel mir urlandogli accuse atroci affinché facesse bene la sua parte di placare ogni eventuale ira degli dèi (a mo’ di capro espiatorio). Poi era interrogato sul futuro. Finalmente si intonavano i canti e iniziavano le danze.

Le danze che col loro frastuono avrebbero smorzato i lamenti e le eventuali grida del sacrificando nel momento culminante del suo olocausto. In tal modo il sacrificio si mutava in gioia per tutti…. Giacché in tal modo gli dèi si erano ormai placati! Spesso il coro che accompagnava i riti era composto da vedove o comunque da donne non più in cerca di uomini con cui amoreggiare. Essendo la partecipazione ai horovody interdetta spesse volte alle madri.

Le danze dei varjaghi

Danze più spettacolari e più movimentate erano quelle eseguite dai varjaghi.

Quando arrivavano nei mercati mostravano la forza fisica dei giovani armigeri e la loro abilità nel maneggiare le armi mentre allo stesso tempo dipinti di nero con maschere spaventose ammiccavano alle spettatrici attirandole a danzare in mezzo a loro…

Le danze “militaresche” erano amatissime dalle genti del Caucaso poiché richiedevano un esercizio muscolare intenso per i salti e i contorcimenti ritmati del corpo con addosso un costume da guerra con spada e stivali. Le ragazze vi partecipavano volentieri da cantanti immobili con l’obbligo di essere a piedi nudi e per la maggior parte del tempo erano circondate dai vorticanti maschi.

Né mancavano solisti e campioni di salto e di piroetta. Costoro, facendo ruotare le ragazze nelle gonne colorate e con gli scialli enormi e variopinti sulla testa, ne mostravano le intimità.

La ridottissima antologia qui da me qui inclusa delle danze in cerchio è da assimilare probabilmente al tipo di danze greche. Queste danze sono dette kordax. E sono dedicate a Artemide Kordaka dalle mille mammelle che implicavano anche il denudarsi delle ballerine con movimenti erotici che invitavano i maschi per la copula sacra (ierogamìa).

Non essendo io però un musicologo, lascio ad altri specialisti descrivere tempi e coreografie (v. T. Naryškina 2014 et al.).

A parte ciò, non sono riuscito a confermare una moda che in Occidente nel Medioevo era talvolta apprezzata nel vestire delle donne. Cioè che la mammella destra, seppur coperta, era quasi sempre messa in maggior risalto con tessuti abbastanza diafani rispetto a quella sinistra.

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Non solo!

Per i nomadi turcofoni detti Cumani dai mercanti genovesi del Mar Nero e Polovcy dagli slavo-russi (in russo: dai capelli color paglia di segale ossia rossicci) le mammelle erano un segno di femminilità importante. Infatti le loro donne sono ritratte nelle sculture con i seni liberi in vista (v. figura).

Sculture donne dei nomadi turcofoni. Immagine concessa da Aldo C.Marturano

Naturalmente non posso che concludere scrivendo che per l’autorità religiosa cristiana, una volta entrata a gamba tesa nella Pianura Russa, tutto ciò che concerneva danze, canti e suoni erano opere del demonio. Opere che perciò andavano cancellate e al più presto sostituite dalle pie teatralità cristiane!

© 2021 di Aldo C. Marturano

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