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L’allucinante esperienza di Antonio La Rubia, Brasile

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L’allucinante esperienza di Antonio La Rubia, Brasile

L’incredibile avventura occorsa due decenni orsono al brasiliano Antonio La Rubia, un autista di autobus trentatreenne vittima di un sequestro. Sequestro operato da stranissime entità robotiche discese da un grande oggetto discoidale e i cui postumi furono in lui dati da un abnorme stato febbrile che lasciò allibiti gli stessi medici.

“All’interno del disco mi sembrava di bruciare vivo!”

ebbe a dichiarare il giovane – da poco reduce dalla clamorosa esperienza – alla dottoressa Estrelita Ferrera Pereira ed allo psicologo Neli Carbonell David. Impiegati presso la stessa compagnia presso la quale egli lavorava.
Il caso La Rubia venne indagato da una figura storica dell’ufologia brasiliana, Irene Granchi, che in una intervista concessale dal giovane,.

Poche settimane dopo il rapimento e da cui questo racconto è desunto, raccolse tutti i particolari di quella che è da considerarsi una sconcertante vicenda. I riscontri obbiettivi sul soggetto e le analogie con altri episodi registrati su scala mondiale, pongono un inquietante interrogativo.

Un’interrogativo sulle finalità perseguite in rapporto all’uomo dalle entità che si celano dietro la fenomenologia delle abductions.

L’allucinante esperienza di Antonio La Rubia, Brasile

Quello strano “capolinea”

Antonio La Rubia all’epoca risiedeva a Paciencia. Un borgo a 45 chilometri da Rjo De Janeiro e, per via del suo turno di servizio, era solito alzarsi alle primissime ore del mattino- Per incamminarsi alla volta del deposito delle Linee Orientali.

Quella mattina del 29 settembre 1977, come consuetudine, dopo una levataccia, era uscito di casa verso le 2,15.

Il suo stato d’animo era relativamente disteso, non fosse che per la paura di subire un’aggressione o una rapina. Essendo le strade del paese completamente deserte a quell’ora.

Poco prima di arrivare alla fermata presso la quale, di norma, l’attendeva il pulmino che l’avrebbe portato in ditta, mentre stava transitando in prossimità della piccola piazza del paese, egli notò che il proprio orologio si era stranamente bloccato.

Volto lo sguardo in direzione di un campo limitrofo, in buona parte immerso nell’oscurità, scorse improvvisamente la sagoma di un grande oggetto di colore grigio scuro.

Lì apparentemente parcheggiato, che successivamente descriverà “simile ad un enorme cappello” largo settanta metri.

Avvicinatosi per verificare di cosa si trattasse, realizzò che quel presunto “veicolo” era troppo strano per poter anche solo vagamente somigliare all’autobus della Compagnia.

Preda di un incontrollabile sconcerto, che rapidamente si stava trasformando in paura, Antonio presagì che quell’inusitato oggetto fosse lì proprio per lui. E d’istinto, cercò di allontanarsi dalla scena di quell’assurdo capolinea.

Non aveva mosso che due passi quando una vivissima ed intensa luce blu illuminò a giorno l’intera zona ed il suo corpo d’incanto si bloccò, alla stessa stregua di quanto era capitato al suo orologio, congelandone la fuga!

L’allucinante esperienza di Antonio La Rubia, Brasile

Prigioniero di un incubo

Accanto ad un palo elettrico, Antonio scorse a pochi metri da lui tre piccole stranissime figure:

erano alte circa un metro e mezzo. La loro testa ricordava un pallone da rugby ed era attraversata longitudinalmente da una fila di “specchietti”.

I loro corpi, tarchiati, presentavano un ampio “torace”, dal quale si dipartivano due arti simili alle proboscidi degli elefanti, che si assottigliavano progressivamente in una specie di punta terminale. Una sostanza ruvida, a scaglie, ne ricopriva il tronco, che si arrotondava verso il basso in un’unica gamba, a sua volta terminante in una specie di piattaforma, che ricordava abbastanza certi noti sgabelli.

“Mi sentivo come inchiodato al suolo e vidi quei due esseri afferrarmi.. Intorno regnava il più totale silenzio. Non ricordo come entrai nel disco. Mi ci trovai improvvisamente, fluttuante tra due file di una dozzina di quegli esseri, su ogni lato.”

Antonio si trovava in una specie di corridoio, apparentemente fatto di un materiale simile all’alluminio.

Era percorso da un brivido. Rivolto lo sguardo dietro di sé, vide dall’alto allontanarsi il campo che aveva appena lasciato ed ebbe l’impressione che il disco fosse trasparente.

D’improvviso si riaccese la luce blu e si ritrovò in una grande stanza circolare.

“Vidi allora una cinquantina di quegli esseri. Era come se mi sentissi chiuso in una campana di vetro ed avevo l’impressione che essi stessero comunicando tra loro, dato che volgevano l’un l’altro le teste, come per dirsi qualcosa.”

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Antonio, che si era invano dibattuto sino a quel momento incapace di emettere alcun suono, riuscì improvvisamente ad urlare all’indirizzo di quegli esseri:

“Chi siete? Cosa volete?”

Con sua grande sorpresa le creature caddero tutte al suolo come birilli ed egli attribuì la cosa all’effetto sonoro della sua voce.

La luce blu si riaccese, fortissima, accecandolo. Lui continuò affannosamente a dibattersi, sia per la paura, sia perché da quando era entrato nel disco aveva preso ad avvertire difficoltà respiratorie.
Ora non sentiva più il proprio respiro, ma recepiva paradossalmente quello delle entità. Cosa che lo stupì in quanto le credeva dei robot.
L’unica installazione nella grande sala disadorna, oltre lo schermo, era data da una specie di scatola. Una scatola di circa 15 centimetri di larghezza, posta davanti a lui ed il cui aspetto era vagamente simile ad un pianoforte in miniatura per alcuni tasti disposti su un lato.

Lo strano congegno poggiava su due lunghi sostegni e sulla sommità evidenziava una specie di lattina. Lattina nella quale gli esseri inserivano degli oggetti simili a delle siringhe che essi portavano lungo i fianchi. Ogni volta che essi compivano tale operazione, compariva un’immagine a colori sullo schermo.

Ad Antonio vennero mostrate diverse scene che egli così descriverà ad Irene Granchi:

Lui stesso nudo, sdraiato su un tavolo invisibile, le braccia a penzoloni. Mentre due esseri lo stanno esaminando, tenendo due lampade blu puntate sul petto.

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Contemporaneamente un terzo essere gli esamina dal retro la testa a mezzo di una lampada che però non emette un fascio di luce, ma rende completamente blu la parte superiore del suo corpo.
Questa scena scomparve come una delle entità, avvicinatasi alla scatola, vi introdusse un’altra siringa.

Ancora lui, nudo, in piedi.

Lui, vestito, con la valigetta in mano e l’aspetto nervoso, mentre batte i denti.

Un cavallo ed un carro lungo una strada polverosa. Si tratta di un luogo sconosciuto ad Antonio, che però riesce a vedere il carrettiere. Il carrettiere indossa un cappello di paglia, ha i piedi nudi e la camicia strappata.

Una sfera arancione e luminosa e lui accanto, in piedi.

Ancora la sfera, stavolta bluastra e con accanto uno degli esseri.

Un cane che tenta disperatamente, bava alla bocca, di afferrare uno degli esseri che sta davanti a lui. Senza che riesca a raggiungerlo; quando però il cane abbaia, l’essere si “scioglie” dalla testa ai piedi come un budino.

Questo momento della rievocazione, annoterà la Granchi, è particolarmente toccante. In quanto la voce di Antonio subisce un tangibilissimo mutamento emotivo.

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Cambiamento che prelude alla esposizione di una allucinante seconda parte di tale scena:

uno degli esseri si stacca dalla fila procedendo verso di lui. Punta la siringa verso il cane, che improvvisamente assume una colorazione blu, per iniziare gradualmente a sciogliersi trasformandosi anch’esso in un informe ammasso gelatinoso.

Uno stabilimento in cui, su tre linee di assemblaggio, vengono costruiti gli UFO. Con milioni di analoghe entità robot addette ai lavori, tuttavia sprovviste di utensili.

Un treno di vecchio tipo, malridotto e sprovvisto di finestrini, mentre imbocca una galleria, scomparendo alla sua vista.

Una grande strada affollata di turisti. Che gli ricorda la Avenida Presidente Vargas (una delle principali arterie di Rio) intasata dal traffico, al punto tale che tutte le auto sono ferme.

Successivamente nel suo resoconto Antonio tornerà su questa sequenza di immagini. Rammentandone una scena riguardante se stesso, con del fumo proveniente dalla sua schiena. Ed un’altra, vestito che vomita e si defeca addosso.

Ad un certo punto uno degli esseri si avvicina ad Antonio. E puntatogli una siringa sulla punta del dito medio della mano destra, gli estrae del sangue, riempendo la siringa sino a farla traboccare.

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Fu questo il momento in cui vide un colore diverso dal blu o dal bianco abbacinante dominanti.

L’essere quindi puntò la siringa verso un riquadro della parete, tracciando (presumibilmente col sangue) l’enigmatico disegno di tre cerchi tagliati da una “L”.
Nella sua ricostruzione Antonio preciserà alla Granchi di non sapere quando effettivamente collocare il momento del prelievo ematico.

Cioè se prima o dopo la carrellata delle inaudite immagini cui era stato sottoposto.

Riuscendo solo a ricordare che il proprio sequestro aveva avuto termine dopo la scena della grande strada affollata:

“Proiettato” all’esterno del grande oggetto, era stato “depositato” in una strada posta quasi di fronte alla stazione di -Paciencia.

In altri termini egli venne probabilmente teletrasportato nei paraggi di casa sua, a tre o quattro chilometri di distanza.

Il ritorno a casa

Non gli riuscirà ovviamente di ricostruire come fosse finito da quelle parti:

l’unica cosa in lui certa fu che si ritrovò in una strada adiacente alla ferrovia. E guardando verso il basso, realizzò che una di quelle creature era con lui. Rivolto lo sguardo al cielo, vide un “grande pallone scuro” allontanarsi e al tempo stesso si rese conto che l’essere precedentemente accanto a lui era ora scomparso.

Si ritrovava fra le mani la sua valigetta. Ed era vestito allo stesso modo nel quale era uscito di casa.

Batteva però i denti per un forte senso di brivido che stava aumentando:

esattamente come aveva illustrato la seconda immagine proiettata sullo schermo a bordo del disco.

Il suo orologio segnava ancora le 2.20, bloccato nel momento in cui era iniziato il suo allucinante viaggio da quel capolinea maledetto.

I postumi: dolori, paura, insicurezza

Arrivato alla stazione di Paciencia, Antonio chiese l’ora:

erano le 2.50 del mattino. Alle 3.10 arrivò l’autobus e Antonio lo prese, arrivando al lavoro in orario.

Si sentiva male, nervoso e dolorante. Ciò nonostante volle a tutti i costi sobbarcarsi l’intero turno, forse nell’illusione di rimuovere il ricordo della tremenda esperienza.

A casa non volle dire nulla alla moglie e la notte di venerdì fu un vero inferno:

la temperatura corporea era sempre più alta, violenti e ripetuti conati di vomito lo colpivano. E l’intestino era afflitto da continui problemi d’incontinenza. Per ultimo un fortissimo mal di testa prese a tormentarlo per giorni.

Gli tornarono alla mente le immagini che aveva visto a bordo dell’UFO. Particolarmente quella col fumo che fuoriusciva dalla sua schiena. Legata al forte calore che lo pervadeva e nella quale erano stati anticipati i suoi pesanti problemi gastrointestinali contingenti.

Il sabato e la domenica questi sintomi si acuirono al punto da costringerlo a casa.

Ed egli cominciò ad avvertire che il proprio corpo letteralmente scottava. Invano la moglie cercò di alleviarne le sofferenze strofinandolo con un po’ di alcool. Il bruciore era particolarmente intenso proprio laddove, durante il sequestro, la luce blu gli era stata applicata.

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Il licenziamento di Antonio

Il lunedì si presentò alla Compagnia, dicendo che era intenzionato a licenziarsi per via del suo tormentato stato di salute aggravato da forti difficoltà respiratorie.

Come lo videro, i colleghi rimasero sconcertati dal cambiamento radicale che evidenziava il suo aspetto.

Nel quale non riconoscevano più il giovane sano e robusto da anni ad essi noto, e che ora in volto appariva, come riferirono, “verde come l’erba”.

Ad essi Antonio chiese di essere “innaffiato d’acqua” perché sentiva il corpo bruciare.

Il suo malessere era talmente palese agli occhi del personale medico, da indurre un’infermiera a proporgli la somministrazione di un sedativo. Che egli nervosamente rifiutò, lasciando allibiti i presenti:

si trattava infatti di un’iniezione!

A questo punto cominciava a farsi strada l’idea che egli fosse impazzito e se ne decise il ricovero coatto.

Prima tuttavia che Antonio venisse portato in ospedale, lo psicologo della compagnia, il Dr. Neli Carbonell David volle esaminarlo. Convincendosi del fatto che il giovane era afflitto solo da inaudite sofferenze fisiche, incomprensibilmente insorte.

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In ospedale, Antonio cominciò a parlare confusamente di UFO.

Ciononostante i medici che sulle prime l’avevano creduto folle, convennero in un secondo tempo sulle conclusioni raggiunte dal Dr. Neli. Soprattutto quando riscontrarono che la sua temperatura corporea segnava l’incomprensibile ed altissimo indice di 42 gradi centigradi!

Inoltre uno dei medici, del Rocha Faria Hospital, evidentemente informato in materia… sentendo i discorsi, sia pur frammentari del giovane, collegati al proprio rapimento, si convinse dell’opportunità di approfondirne il caso.

Asserendo non fosse il primo del genere che ad essi capitava. Ed il cui carattere “estremamente delicato”, com’egli lo definì, sarebbe stato del resto confermato da quella sensazione di vuoto che Antoni,o dopo oltre un mese dal proprio incidente, avrebbe continuato a recepire nel camminare.

Da lui sintetizzata nel concetto:

“era come se galleggiassi su di una nuvola”.

Intervistando il Dr. Neli, Irene Granchi raccolse la seguente dichiarazione:

“Non sono al momento in grado di dire nient’altro che il paziente è molto nervoso. Da un punto di vista clinico il suo stato è alquanto strano, con una temperatura corporea data da indici così variabili. Psicologicamente il suo stato è catastrofico. Proverò a sottoporlo ad ulteriori test domani. Ma ritengo egli debba essere tenuto sotto osservazione da parte di un team di medici, in quanto presenta un quadro clinico assolutamente fuori dell’ordinario.

Il Dr. Neli riferì inoltre che quando quel lunedì mattina aveva visitato per la prima volta Antonio nel suo ambulatorio, questi piangeva come un bambino ed era in uno stato psicologico pietoso.

Ordinatogli di togliersi i vestiti, riscontrò che il suo corpo era letteralmente coperto da eruzioni cutanee. Il giovane aveva un’incredibile sete. In quanto sentiva la gola letteralmente ardergli. Infine il medico confermò che egli aveva effettivamente vomitato per l’intera notte.

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La prima comparsa degli esseri a forma di birillo

Lallucinante esperienza di Antonio

Gli esseri descritti da Antonio La Rubia immagine tratta dal web.

Un’inaspettata conferma dell’incredibile IR4 brasiliano, relativamente alle stranissime entità in esso descritte, pervenne da un incontro ravvicinato verificatosi diversi mesi prima nel gennaio di quello stesso ’77 negli USA.

Ad Harrah nello Stato di Washington, e riportato da una gazzetta locale, la “Toppenish Review”.

Protagonista era stato un bambino che aveva riferito di avere visto in prossimità di due “navi di acciaio” due “omini” alti circa un metro, con una gamba sola sulla quale “ruotavano”.

Nascostosi dietro uno scatolone egli aveva seguito le manovre degli esserini. Sino a quando essi erano risaliti a bordo degli oggetti, tramite una porta di accesso apertasi in due parti come una croce, oltre la quale egli aveva scorto l’interno, fortemente illuminato. Dopodiché le navi erano decollate, “nascondendosi in una nuvola di fumo”.

Corso a svegliare la madre (erano le 6.30 del mattino) il bambino non era stato ovviamente creduto. In un secondo tempo strane tracce furono individuate nell’area del presunto avvistamento. Oltre ad un’area circolare di tre metri, nella quale l’erba si presentava schiacciata.

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Un caso modello

Malgrado poco conosciuto, il Caso La Rubia può dirsi un vero prontuario dei tipici tratti ricorrenti in un IR4:

un modello esemplare per la sintomatologia che esso evidenzia sul piano fisico e psicologico del soggetto. Quest’ultima, la classica “sindrome da abduction”, sintetizzata nella vicenda di Antonio. Nel mutamento radicale della persona, nello stato confusionale, nella soverchiante paura, nella paresi corporea e nella sensazione di “camminare nel vuoto”.

E’ oggi riproposta da una vastissima casistica internazionale, più o meno nota, e da una letteratura specialistica i cui contributi vanno da John Mack a David Jacobs, e da Karla Tumer a Whitley Strieber.

Altri interessanti dettagli nella narrazione di Antonio sono:

  •  Il sentire “la gola ardere”, accompagnato da una sete illimitata, riportato anche nell’esperienza di Travis Walton. Il quale parlò anche di pareti trasparenti del disco.
  • La vaga sensazione di entrare “fluttuando” nel disco, descritta da Barney Hill nel proprio celebre caso. Anche le stranissime entità sono a loro volta descritte “floating around”, alla stessa stregua di altri noti casi di abductions come quello di Pascagoula.
  •  Il grande schermo ricorre in un notevolissimo numero di resoconti di rapiti e di contattisti che narrano essere stati sottoposti ad un bombardamento di immagini dall’apparente contenuto ora di ammonimento. Ora quasi idilliaco, qui vediamo sul piano generale un trait d’union significativo fra i due ambiti di esperienza. Irene Granchi realizzò che la descrizione dello schermo del caso La Rubia, coincideva con quella di un altro evento brasiliano risalente al 1968. Evento che lei stessa aveva indagato, e noto come caso Mendoza Peccinetti-Villegas.
  •  L’immagine di Antonio con una sfera luminosa accanto a sé ribadisce il sopra menzionato trait-d’union. Rinviando al tempo stesso ad alcuni recenti casi di rapimento. Come l’esperienza italiana di Valerio Lonzi, o a vicende contattistiche, come quella storica di Orfeo Angelucci.
  •  La descrizione del prelievo ematico è quasi un classico dei casi di abductions. Come non ricordare lo storico, anche se relativamente poco dibattuto, caso Villas Boas, del ’57. Nel quale l’omonimo protagonista di Antonio si vide applicare un tubicino alla guancia, dalla quale vide scorrere il proprio sangue. Recependo anche lui di lì a poco un forte bruciore sulla zona della pelle interessata.

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La campana invisibile.

  •  La sensazione di essere stato prigioniero all’interno di “un’invisibile campana di vetro”, corrisponde a quanto riferito sotto ipnosi da un altro addotto brasiliano. Il libraio Onilson Patero, protagonista nel marzo del ’74 di un clamoroso caso di “teleportation”. E ci riporta ad altri casi celebri come quello già citato di Travis Walton che descrisse una specie di involucro nel quale fu tenuto prigioniero prima e durante i test cui venne sottoposto, o come l’analoga esperienza di Betty Andreasson-Luca, del ’67.

Italia 1954: un caso similare?

Malgrado ufficialmente presentato come “incontro del terzo tipo”, quanto accaduto parecchi anni prima in Italia, nel corso di quella che fu un’annata d’oro per l’ufologia contemporanea, anticipò per non pochi aspetti il caso La Rubia.

Pochi minuti prima della mezzanotte del 18 ottobre 1954, a Parravicino d’Erba, in provincia di Como, il rappresentante di commercio Renzo Pugina si trovava nel parco della villa.In quel luogo veva parcheggiato la propria auto, quando fu colto da una forte luminosità proveniente dal giardino.

Mossi alcuni passi verso la scalinata di accesso al viale della villa, notò in cima a questa uno stranissimo essere, alto non più di un metro e trenta centimetri.

Che appariva come un curioso “misto di uomo e di macchina”:

la testa era racchiusa da una specie di casco. Sopra il quale brillava una luce che consentiva di discernerne le fattezze del volto, dagli occhi di tipo mongoloide.

Le braccia ed il torace erano rivestiti da una specie di corazza a squame. La parte inferiore del corpo non evidenziava gambe. Ma si continuava in una stranissima protuberanza a forma di cono, che piegandosi posteriormente dava luogo ad una struttura “a tubo” terminante in una specie di disco, del diametro di una ruota di bicicletta.

Accortosi della presenza del Pugina, l’essere rivolse in sua direzione quella che sembrava una torcia elettrica. Dalla quale scaturì una luce bianca. Improvvisamente il Pugina si sentì, esattamente come descriverà Antonio La Rubia sulla propria esperienza, “inchiodato al suolo”, preda di paura e smarrimento.

Acquisita di nuovo la motilità corporea, apparentemente conferitagli dal freddo contatto con il metallo delle chiavi che aveva in tasca e con un impeto quasi eroico, il Pugina risalì le scale alla volta dell’essere.

Il rientro a casa di Pugina

Urlando all’indirizzo di questo la parola “Marte!” nel tentativo di richiamare la sua attenzione. Ma la creatura robot, noncurante di ciò, si staccò improvvisamente dal suolo. E fluttuando ascensionalmente, scomparve in breve dalla vista del testimone.
Rientrato in casa in preda al panico il Pugina narrò ai propri famigliari la sua incredibile avventura.

Tremori e malessere cominciarono a manifestarsi in lui.

Quella notte nessuno riuscì a dormire, nel timore che il marziano tornasse.

I giorni successivi furono un vero calvario per il Pugina, vittima degli stessi sintomi che decenni più tardi caratterizzeranno lo stato clinico di Antonio La Rubia, reduce dal clamoroso rapimento. Anche lui rimase sotto shock per parecchi giorni, accusando un forte aumento della temperatura corporea, unitamente a pallore, nervosismo e paura.
Unico souvenir lasciato dal passaggio della misteriosa entità fu una strana macchia inodore al suolo. Macchia né umida, né grassa, che nel volgere di una giornata aumentò ben sei volte di volume, per poi arrestarsi e progressivamente regredire.

Prima che scomparisse, un sedicente “biologo” di Milano si presentò per prelevarne dei campioni. Senza far più sapere nulla né dei risultati delle analisi, né di se stesso.

Considerazioni finali

Essendo impossibile trarre delle conclusioni su vicende come quella di La Rubia, o su tante altre analoghe. Vicende che indipendentemente dai propri tratti peculiari sono solo tessere sparse di un mosaico il cui significato ci sfugge completament. O meglio ancora rappresentano la punta di un iceberg dalle dimensioni sconosciute.

E’ forse stimolante al fine di interrogarci circa l’esigenza di un nuovo approccio alla sconcertante ed enigmatica fenomenologia delle abductions e al mistero UFO più in generale.

E riflettere su quanto scriveva già nel ’77 John Keel, riguardo la centralità dell’esperienza del testimone.

“Abbiamo passato vent’anni cercando una soluzione di tipo semplicistico… La verità è indubbiamente molto, molto più complessa e può risiedere del tutto al di fuori delle scienze riconosciute e quotate.

La sola via di scoprirlo è eseguire studi approfonditi su tutto ciò che accade nelle zone soggette a ‘flap’, e di correlare gli incidenti scoperti in queste zone… non la sconnessa ma scientifica raccolta di rapporti sulle luci in cielo.

La gente di tutto il mondo sta entrando in un incubo fantascientifico… Non possiamo più ignorare ciò che è strano o che sembra irrilevante. Qualcuno… o qualcosa… sta attraversando molti muri (profetica affermazione! N.d.R).

E gli ufologi sono così occupati a guardare attraverso i loro telescopi che si sono estraniati dalla realtà, qualunque essa sia. Smettiamo di provare l’esistenza, l’origine, la meccanica degli oggetti.

Ci abbiamo giocato per vent’anni e non abbiamo ottenuto niente.

Cosa succede?

È ora di fare uno sforzo concertato per scoprire che cosa succede… Gettate via i vostri inutili moduli e questionari d’avvistamento, con le loro innumerevoli domande sulle dimensioni, velocità e quote di oggetti volanti non identificati!

Cercate di scoprire tutto del testimone… e scavate nella sua memoria (ma senza mai fare domande guida che lo portino alla risposta voluta) nella sua fanciullezza.

Sarete sorpresi di ciò che ne uscirà. E dopo avere visitato abbastanza zone infestate, la vostra sorpresa si muterà in orrore deprimente. Getterete nella spazzatura i vostri libri di astronomia ed esobiologia e vi ritroverete a considerare e riconsiderare l’intero problema ufologico.”

Fonti bibliografiche:

  • John Magor – “Aliens Above, Always” – Hancock House.
  • Pierre Delval – “Contatti del Quarto Tipo” – De Vecchi.
  • AAVV – “UFO in Italia” – Corrado Tedeschi Editore.
  • John Keel – “Un nuovo approccio ai testimoni” – in “UFO and Fortean Phenomena” N° 2, 1978.

Fonte articolo:

edicolaweb

Approfondimenti:

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Antonio LaRubia

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Il sito web che gestisce Di Cuonzo Erika si chiama ChupaCabraMania è un sito in cui ella raccoglie informazioni principalmente sul mostro sudamericano Chupacabra ed è stato creato per gioco nel 2006. Data la sua passione per il gli animali, tra cui le strane creature del mondo, l'interesse per il mondo del paranormale, ufo, alieni e varie curiosità Erika ha arricchito il sito con questi temi. Erika ha scritto un ebook nel 2005 sul chupacabra: chupacabra creatura mitologica o reale? La mia email è erikadik@tiscali.it
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