La costruzione in casa di un Missile Cruise

La costruzione in casa di un Missile Cruise

Missile cruise immagine tratta dal web.

Anno 2008:

Usa:

Volete seguire la costruzione in casa di un Missile Cruise da parte di Bruce Simpson, ingegnere elettronico che vive a nord di Auckland in Nuova Zelanda?

Il budget necessario per costruire un missile relativamente sofisticato in casa sono 5.000 dollari. L’acquisto dei componenti necessari è su internet.

L’uomo nel suo sito web descrive passo per passo la costruzione di questo missile Cruise che teoricamente potrà coprire una distanza di 100 km in meno di 15 minuti portando una testata di 10 kg.  Il progetto si chiama: DIY Cruise Missile .

L’obiettivo del sito è un monito per i governi su come potrebbe essere facile da parte di terroristi costruire un missile del genere in modo “casalingo”.

Il libro di Bruce Simpson.

Bruce Simpson ha scritto un libro in cui spiega passo passo questa procedura. Ill ibro è stato richiesto all’uomo dagli utenti del web.

Negli anni i governi hanno tentato di bloccare questa costruzione di missili fai-da-te.

Gli Stati uniti ed il governo della Nuova Zelanda si sono coalizzati nel 2004 per cercare di bloccare il progetto di Bruce Simpson.

Però il progetto di Bruce non viola alcuna legge. Quindi secondo l’uomo i governi hanno tentato di bloccarlo con metodi non convenzionali che sono illustrati dallo stesso nel suo sito internet.

Il progetto della costruzione del missile cruise è stato portato interamente a termine da Bruce Simpson con qualche piccolo lavoro da completare di poca rilevanza. Per evitare problemi di ogni tipo Bruce ha consegnato il suo missile a qualcuno di non definito dallo stesso per completarlo e testarlo..

In seguito la risonanza mondiale del progetto ed in seguito ad un’affermazione in cui lo steso Bruce affermava che qualsiasi terrorista avrebbe potuto creare un missile in casa, il sito ha subito dei rallentamenti. Fino a chiudere le iscrizioni degli utenti al sito. Però l’obiettivo di Bruce non è mai stato quello di istigare i terroristi a costruire nulla.

Di seguito il sito di Bruce Simpson in inglese:

interestingprojects.com

Curiosità:

Visita la sezione del sito sulle persone straordinarie.

La donna con metà corpo Rosemarie Siggins

La donna con metà corpo Rosemarie Siggins

Pueblo,.

Colorado.

Rosemarie Siggins è nata con una rara malattia genetica chiamata Agenesia sacrale.

Rosemarie Siggins è nota come la “donna con metà corpo”.

Immagine tratta dal web Rosemarie Siggins.

Questa malattia causa la paralisi e l’insensibilità degli arti inferiori, Rosemarie nacque con entrambi i piedi “girati all’infuori” i quali si incastravano nei mobili quando la bambina si muoveva sul pavimento.

L’insensibilità degli arti inferiori non permetteva alla bambina di capire che i suoi piedi erano bloccati o se si era ferita accidentalmente alle gambe creando situazioni potenzialmente pericolose per la sua stessa incolumità.

I genitori dovevavano supervisionare costantemente Rosemarie. Ed all’età di due anni furono costretti a prendere la decisione di amputare gli arti inferiori della figlia su consiglio dei medici per evitarle un futuro su di una sedia a rotelle.

Decisione difficile anche dal punto di vista psicologico della bambina: come avrebbe vissuto la menomazione?

La donna con metà corpo Rosemarie Siggins

Rosemarie ringrazia i genitori per aver avuto la forza di scegliere l’amputazione degli arti invece di costringerla a vivere tutta la sua vita su di una sedia a rotelle. Un destino che la stessa Rosemarie non avrebbe mai accettato come invece ha accettato la sua menomazione.

Fin da bambina Rosemarie si muoveva utlizzando uno skateboard spingendolo utilizzando le mani. Anche nell’età adulta è sempre stato il suo mezzo di locomozione.

A sette anni ella con il sostegno dei genitori ha abbattuto le barriere che le imponeva la scuola. La scuola la obbligava ad indossare protesi per poter frequentare l’istituto, per “essere come tutti gli altri bambini”. Ma una mattina si recò a scuola senza protesi dimostrando di non vergognarsi di non avere le gambe.

In età adulta Rosemarie ha sposato David Siggins dal 1999, conosciuto in un deposito di auto.

Rosemarie è madre di due bambini, Luke, concepito due anni dopo il matrimonio e Shelby nata l’11 gennaio 2006.

Rosemarie conduceva fin da bambina una vita normale camminando sulle mani o utlizzando uno skateboard.  I coniugi Rosemarie e Dave conducevano una vita sessuale normale.

La prima gravidanza di Rosemarie è stata la prima gravidanza portata a termine con taglio cesareo. Nonostante la grave malattia che affliggeva la donna.

La donna aveva organi femminili perfettamente funzionali ma durante la gravidanza ha però rischiato la vita ed ha meravigliato i medici riuscendo a portarla a termine.

La donna con metà corpo Rosemarie Siggins

Il rischio per Rosemarie risiedeva nei polmoni. i polmoni erano compressi a causa della mancanza nel tronco della donna di due vertebre che davano alla vista l’impressione che il dorso della donna fosse stato tozzo. Davano anche l’idea di una donna grassa mentre in realtà Rosemarie non era robusta.

All’epoca della gravidanza Rosemarie dovette firmare un foglio in cui, in pericolo di vita, i medici avrebbero salvato il bambino e non la madre.

La madre di Rosemarie è morta a causa di un cancro quando Luke aveva appena due anni. Ed il padre di Rosemarie, James, si ammalò di Alzheimer e demenza. Il fratello di Rosemarie ha 29 anni ma ha l’età mentale di un bambino di 8 anni, malato anch’egli. Il fratello di Rosemarie soffre di crisi di violenza ed è sotto costante uso di farmaci.

Rosemarie ha ricevuto in regalo la sua prima auto a 16 anni dal padre, che modificò con lei. Modificandola potè permetterle di guidarla manualmente. Lei saliva sull’auto da sola senza nessun aiuto, indipendente.

La passione di Rosemarie erano sempre state le auto ed i motori.

Grazie alla sua grande forza d’animo Rosemarie ha vissuto una vita regolare ma irta di difficoltà e dispiaceri. Ha tentato di vivere una vita quanto più possibile normale.

Rosemarie ha inoltre dedicato la sua vita al mondo dello spettacolo recitando anche in una nota serie televisiva horror molto nota.

Il 14 dicembre 2015 è deceduta lasciando i due figli ed il marito.

Curiosità:

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Veronica Tulli ed Eloysa Vasquez,donne straordinarie

Veronica Tulli ed Eloysa Vasquez la donna più bassa di un metro

Stanford

California

Eloysa Vasquez è una donna è alta meno di un metro. La donna è nata con una grave malattia che l’ha costretta su di una sedia a rotelle fin dalla nascita e vive a Stanford in California.

Eloysa ha sempre desiderato avere un figlio e con il marito Roy Vasquez di Tulare, California. Infatti ha dato alla luce il 24 gennaio 2006 un bambino, Timothy Abraham Vasquez, fatto nascere prematuramente dall’ equipe di medici che ha seguito nella straordinaria e difficile gravidanza la donna. In quanto non vi era più spazio per lui nel corpo della madre.

Timothy sta bene e non ha avuto alcun tipo di conseguenza in seguito alla nascita prematura indotta.

Veronica Tulli ed Eloysa Vasquez la donna più bassa

La coppia con il figlio Timothy Abraham Vasquez.

Il figlio di Eloysa e Roy: Timothy Abraham Vasquez. Immagine tratta dal web.

Eloysa Vasquez è nata con una malattia delle ossa chiamata osteogenesi imperfetta. Un bambino su 12.000 affetto da questa malattia nasce vivo, in inglese la malattia è chiamata Osteogenesis Imperfecta (OI). Vi sono quattro tipi di Osteogenesis Imperfecta.

Eloysa Vasquez è stata colpita dalla forma di terzo tipo della malattia. Questo tipo di malattia non le permette di mantenere la postura eretta, la fragilità ossea è talmente elevata che nessun peso può essere sostenuto dal suo esile corpo. Per cui vi è sempre il rischio per Eloysa di subire facilmente fratture alle ossa.

Il portare a termine una gravidanza come ha fatto Eloysa, è un caso molto raro, unico e pericoloso per la salute della donna.

Un’equipe specializzata dello Stanford University di Lucile Packard, un ospedale per bambini della California, ha seguito Eloysa nella gravidanza miracolosa che lei ha portato a termine.

Eloysa con suo figlio. Immagine tratta dal web.

Eloysa Vasquez è un’altra donna coraggiosa e degna di rispetto come Rosemarie Siggins, la “donna con metà corpo”.

Un video su Eloysa Vasquez:

Veronica Tulli cantautrice italiana.

Veronica Tulli nota come LuluRimmel è un’artista italiana, cantautrice, performer e musicista nata a Roma anche lei è affetta dalla rara malattia osteogenesi imperfetta nota come la sindrome delle ossa di vetro.

Lulu Rimmel canta da bambina ma professionalmente dall’età di 18 anni.

Veronica vive la sua vita in carrozzina fin da piccolissima e su di lei è stato girato un film documentario intitolato “Cuore di bambola” in cui lei racconta la sua vita e le difficoltà che ogni giorno deve affrontare ma che non rende lei e le persone che soffrono di malattie rare o disabilità da persone cosiddette “normali”.

Il trailer del film “Cuore di bambola”:

Il canale youtube dell’artista italiana: Veronica Tulli

Scozia il mistero del pianoforte sul monte

Scozia il mistero del pianoforte sul monte

 

16/05/2006

GLASGOW, Scozia

Come ha fatto ad arrivare fin lassù?

E’ quello che si domandano gli abitanti dei monti Grempiani, rimasti letteralmente esterrefatti alla vista di un grande pianoforte in cima a una montagna.

Scozia immagine illustrativa. Foto di Frank Winkler da Pixabay

A ritrovare lo strumento sulla vetta del Ben Nevis, la montagna più alta del Regno Unito (1344 metri), i ragazzi di un’associazione ambientalista.

I giovani, infatti, stavano ripulendo la zona, quando hanno avvistano un oggetto di grandi dimensioni sulla cima.

Avvicinandosi hanno capito di cosa si trattava: un piano forte in “carne e ossa”. Sotto lo strumento, una scatola di biscotti datata 1986.

Una bravata per deridere qualcuno? Un messaggio più preciso? Un’opera d’arte d’avanguardia? Chissà.

Scozia il mistero del pianoforte sul monte

E’ noto che la Scozia sia un luogo piuttosto misterioso: il mostro di Lochness docet.

Di certo il direttore dell’associazione ambientalista ha commentato:

“I nostri ragazzi non riuscivano a credere ai loro occhi. All’inizio hanno pensato che fosse solo una cassa di legno, ma poi hanno visto la struttura in ferro e le corde”.

L’unica cosa che manca al nostro “pachiderma musicale” è la tastiera.

Forse un handicap voluto, forse no.

Ad alimentare il mistero, il rebus della cassetta di biscotti depositata sotto il pianoforte.

Come lo tradurreste?

Marco Chiodi

Fonte: Montagna tv

Mistero già risolto.

18 maggio 2006

Scozia, Kenneth Campbell, trentacinque anni fa lo caricò in spalla fino alla cima del Ben Nevis.

“Raccoglievamo fondi”

Pianoforte in montagna, risolto il mistero
“L’ho portato per entrare nel Guinness”

Londra.

Il mistero del pianoforte abbandonato sulla più alta montagna della Gran Bretagna è risolto.

Antefatto: due giorni or sono una squadra di ecologisti è arrivata in cima al Ben Nevis, 1300 metri di altitudine, in una delle più impervie e selvagge regioni della Scozia, con l’obiettivo di ripulirne la sommità dai detriti lasciati da scalatori e gitanti.

Con loro grande sorpresa, i volontari hanno trovato, semisepolto da sassi e sterpi, un pianoforte in quasi perfette condizioni.

Chi ce lo aveva portato? Era caduto a un elicotterista distratto? Forse era volato fin lassù grazie a un tornado? Era lo scherzo di qualche mattacchione?

Niente di tutto questo, la soluzione.

La soluzione, scoperta ieri da un paio di giornali, il Times e il Daily Mail di Londra, è ancora più fantasiosa.

Trentacinque anni or sono, un uomo si caricò il pianoforte sulle spalle e decise di scalare, con quel peso, la montagna più alta del regno.  Gli ci vollero tre tentativi, ma alla fine riuscì nell’impresa, intrapresa un po’ per scommessa con se stesso, un po’ per beneficenza.

Ma giunto sulla vetta era così stanco da non avere la voglia, e la forza, di riportarsi lo strumento giù a valle. Così lo lasciò dov’era. Le intemperie, il vento, la natura, in tre decenni e mezzo lo avevano parzialmente occultato alla vista degli alpinisti della domenica.

Finché un’opera di pulizia non lo ha fatto riemergere.

“Deve trattarsi del mio pianoforte”, ha detto Kenneth Campbell, robusto taglialegna scozzese di 64 anni, quando ha appreso la notizia del misterioso ritrovamento.

E ha raccontato come andarono le cose.

Nel 1971, in cerca di un’idea per raccogliere fondi per un’associazione di cure contro il cancro, gli venne in mente di portare un piano sulla più alta montagna britannica, il Ben Nevis.

La prima volta salì fino a un terzo del cammino.

Mentre la seconda volta oltrepassò la metà del percorso.

La terza ce la fece ad arrivare in vetta: “Ma quasi mi ammazzai dalla fatica”, ricorda.

Realizzato l’obiettivo, strimpellò un motivetto nazionalistico scozzese, “Scotland the Brave” (Scozia la Coraggiosa), abbandonò lo strumento e tornò in basso.

L’impresa finì sul Guinness Book of Records.

I soldi raccolti andarono al Fund for Cancer Research, che per riconoscenza lo nominò governatore a vita.

Qualcuno si lamentò che, così facendo, il taglialegna aveva deturpato la bellezza naturale della montagna, cosicché un anno più tardi lui tornò in cima al Ben Nevis per andare a riprendere il piano.

Ma non lo trovò più, o perché aveva dimenticato il punto esatto in cui l’aveva lasciato, o perché neve, pioggia, tempeste lo avevano nascosto troppo bene (o perché, è anche questa un’ipotesi, non aveva alcuna intenzione di rifare una faticaccia simile, sia pure in discesa).

Viene da credere alla seconda ipotesi, tuttavia, perché 120 mila persone visitano ogni anno il Ben Nevis e nessuno aveva finora segnalato la presenza di un pianoforte.

Adesso gli ecologisti lo hanno riportato a valle, dove è stato distrutto.

Sarebbe stato più divertente scoprire che apparteneva al “pianista smemorato” apparso l’anno scorso bagnato fradicio su una spiaggia dell’Inghilterra del sud.

Ma quel pianista, come si è scoperto poi, non era veramente smemorato e nemmeno veramente un pianista.

Mentre il pianoforte del Ben Nevis era tutto vero: non avrebbero potuto apparire insieme nella stessa favola.

Fonte:repubblica.it

Ecco il mantello che rende invisibili

Ecco il mantello che rende invisibili

Ecco l’effetto che fa indossare un “mantello invisibile”

 Immagine tratta dal web.

26 maggio 2006

Scienziato inglese scopre un materiale che nasconde gli oggetti. La luce viene deviata lambendo l’oggetto che “scompare”

Ecco il mantello che rende invisibili dove una molecola “piega” i fasci luminosi.

Utile anche per perfezionare microscopi e fotografie. Negli anni ’60 il russo Veselago aveva intravisto la scoperta.

di ELENA DUSI

Roma

Non è ancora il mantello che rende trasparente Harry Potter. Ma ci stiamo avvicinando. L’immaginifico fisico John Pendry dell’Imperial College di Londra ha trovato la ricetta dell’invisibilità.

Spiegazione su Science.

Il suo segreto  sta in un materiale. Il materiale è capace di piegare la luce a proprio piacimento. Una superficie con proprietà elettromagnetiche tali da deviare i fasci luminosi, farsene lambire e poi costringerli a tornare nella direzione originaria.

Come se l’oggetto attraversato non esistesse.

Questa danza della luce sul piano pratico è stata tradotta solo in rozzi prototipi. Ed è descritta in maniera convincente al tavolino. Prototipi finanziati tra gli altri dal dipartimento della difesa Usa. Appaiono come cerchi, spirali, cilindri e minuscole sfere affiancati tra loro o immersi in materiali dalle proprietà elettromagnetiche simili all’aria.

“Credevamo di aver scoperto tutto sull’elettromagnetismo” dice Roberto Olmi dell’Istituto di fisica applicata del Cnr di Firenze.

“Fino a quando non si è aperta la strada ai metamateriali. Strutture che assumono proprietà fisiche sconosciute in natura. Grazie a una particolare disposizione delle componenti microscopiche”.

Ecco il mantello che rende invisibili

Se immergiamo un bastone nell’acqua ci appare spezzato.

“Da un bastone immerso in un metamateriale si otterrebbe un’immagine opposta rispetto a quella riflessa dall’acqua. In termini tecnici diciamo che puntiamo a ottenere un indice di rifrazione negativo” spiega Olmi.

Toccando i tasti giusti su questo pianoforte, è possibile rendere trasparenti tutti gli oggetti.

“Per il momento sapremmo farlo solo “cancellando” un colore alla volta. Ma sovrapponendo strati diversi del metamateriale adatto, ognuno specifico per un colore, potremmo realizzare il vero mantello invisibile”. Così prosegue il ricercatore del Cnr

L’oggetto si presenterà come un puzzle di strutture geometriche. Le strutture sono simili ad anelli aperti e minuscoli cilindri. Ognuno di essi sarà capace di catturare e deviare il proprio fascio di luce.

Anche se, come spiega Pendry, utilizzare il mantello sarà tutt’altro che facile.

Ecco il mantello che rende invisibili

“Per essere invisibili dobbiamo indossarlo. Ma se lo indossiamo non possiamo guardare fuori. Senza contare la difficoltà di ritrovarlo dopo averlo tolto”.

I risultati raggiunti oggi partono da lontano.

“Alla fine degli anni ’60  il fisico russo Victor Veselago aveva teorizzato tutto questo. Ma senza avere nessuno dei mezzi di cui disponiamo oggi. I suoi studi sono stati ripresi solo trent’anni più tardi. Molte delle prove sperimentali dimostrano che aveva visto giusto”. Questo è ciò che racconta Giuseppe Molesini. Molesini fa parte dell’Istituto nazionale di ottica applicata del Cnr.

Se poi il mantello invisibile dovesse risultare del tutto inutile, i metamateriali potranno sempre servire a costruire microscopi potenti. E si potranno eseguire fotografie tecnicamente perfette.

Fonte:

repubblica.it

Approfondimenti:

Un uomo cinese testa il mantello invisibile. Verità o scherzo?

Curiosità;

Visita la sezione del sito su i luoghi misteriosi e le scoperte più strane nel mondo

La Grotta dei Cristalli di Naica

La Grotta dei Cristalli di Naica

 

La Grotta dei Cristalli di Naica

Il progetto Naica-Peñoles

“La Grotta dei Cristalli di Naica”.

Naica.

Chihuahua.

Messico

La Grotta dei Cristalli nella miniera di Naica( del gruppo Peñoles), insieme alla sua gemella Grotta delle Spade, è oggi famosa nel mondo per la presenza di grandi cristalli di gesso (cristalli giganti di selenite).  Questi cristalli di gesso sono di dimensioni mai viste, sino a 10 m di lunghezza e 2 m di diametro, purissimi.

Una foresta di cristalli, i più grandi del Pianeta.

Un mondo irreale oltre la fantasia, oltre il sogno.

Una grotta a 50° di temperatura e 100% di umidità, infernale, dove l’uomo può sopravvivere pochi minuti. Ancora inesplorata.

Una meraviglia della Natura scoperta per caso, fragilissima e misteriosa, che potremmo perdere da un momento all’altro. E che presto tornerà inaccessibile, nascosta nel cuore della Terra.

La Grotta dei Cristalli è una piccola finestra nell’immensità del tempo geologico. L’uomo ha oggi la fortuna di poter aprire grazie a una tecnologia innovativa ed esclusiva.

Un’esplorazione «astronautica» ad alto rischio, oltre i limiti umani, per capire, studiare, documentare e salvare. Prima che sia troppo tardi.

La Grotta dei Cristalli è la più grande meraviglia sotterranea della Terra. Incontrata per caso nelle profondità della Miniera di Naica. Nello Stato di Chihuahua, Messico.

Si tratta di un vero e proprio geode.

E’ una caverna completamente ricoperta di trasparenti cristalli di selenite. E’ composta di gessi purissimi alcuni dei quali superano i 12 metri di lunghezza. Di gran lunga i cristalli più grandi del mondo.

La Grotta dei Cristalli di Naica

Il Progetto «Grotta dei Cristalli»

Sono strutture stupefacenti, che sembrano contraddire l’incessante tendenza dell’Universo all’aumento del disordine, allo sgretolamento, al caos.

I macrocristalli di Naica mostrano invece che anche nelle profondità della Terra avvengono processi che tendono a creare strutture ordinate, così come in superficie avviene con la vita. Si tratta di capire come questo sia stato possibile.

Ma per farlo è necessario entrare, e questo non è facile.

Con una temperatura di circa 48° C e l’aria satura di umidità ci si trova in una situazione di «cottura al vapore». Il tempo di sopravvivenza dell’uomo è di pochi minuti.

Nel gennaio 2006 l’Associazione Geografica La Venta di è interessata alle grotte.

Un team internazionale di speleologi e ricercatori che ha raccolto successi in molte zone del pianeta. Dall’Antartide all’Asia Centrale, ha ottenuto dalla Compagnia Peñoles, concessionaria della miniera, l’incarico di effettuarvi ricerche per i prossimi tre anni.

E non solo di questa:

Nella miniera è stata segnalata la presenza di altre cavità dello stesso tipo, ancora totalmente inesplorate.

La campagna di ricerca avrà una durata di 3 anni.E si svilupperà in fasi successive, in collaborazione con enti di ricerca italiani, messicani, spagnoli, statunitensi, e con il supporto di numerosi patrocinatori.

La chiave tecnologica del Progetto ‘Grotta dei Cristalli’ è la possibilità di permanere a lungo e in sicurezza all’interno di questi ambienti alieni.

Per questo sono state progettate e realizzate particolari tute condizionate, brevettate dal gruppo La Venta, che permettono di resistere sino a due ore e quindi svolgere attività esplorative, di ricerca e di conservazione.

Una vera e propria spedizione astronautica, ma sul nostro vecchio pianeta Terra.
L’obiettivo del progetto triennale è la realizzazione di un complesso di ricerche multidisciplinari che copra i vari campi di interesse della grotta e ne permetta la conservazione.

La Grotta dei Cristalli di Naica

L’ambiente infernale e la presenza dei cristalli hanno richiesto lo sviluppo di materiali e tecnologie specifiche. Dalle tute refrigerate alle calzature ‘da cristallo’ per consentire un accesso sicuro e prolungato a ricercatori di diverse discipline.

Geologia, mineralogia, biologia, exobiologia, fisica, speleologia, medicina.

Le domande a cui si tenterà di rispondere sono molte.

Come e perché si sono formati questi cristalli giganti? Quanto tempo fa? C”è vita in questo ambiente limite, che sembra extraterrestre?

Se sono presenti forme di vita, hanno avuto un ruolo nella formazione dei cristalli e delle mineralizzazioni circostanti?

L’uomo senza volerlo ha interrotto l’equilibrio millenario fra acque e rocce profonde che aveva generato queste meraviglie.

Cosa sta succedendo ora in questo luogo? I cristalli sono stabili? Quanto dureranno? Come si comporta la fisiologia umana in ambienti di questo tipo?

Ma la domanda fondamentale è:

Come possiamo conservare la Grotta dei Cristalli per le future generazioni e fare in modo che questa meraviglia sia conosciuta nel mondo?

Le campagne di ricerca si articoleranno in numerose incursioni brevi e in due grandi spedizioni. 

La primadlle quali è prevista per il mese di dicembre 2006.

La responsabilità di far conoscere al mondo un luogo assolutamente unico è davvero grande.

Il Team La Venta e Speleoresearch & Films, è una compagnia di produzione messicana. Hanno realizzato produzioni per le maggiori televisioni del mondo e nei luoghi più remoti della Terra, e sono convinti di riuscirci.
Il progetto di ricerca sarà seguito e raccontato passo dopo passo da un team di professionisti. I professionisti saranno scelti tra i migliori nel campo della realizzazione di documentari.

La Grotta dei Cristalli di Naica

Si punterà ad ottenere la massima qualità oggi possibile utilizzando le più moderne e sofisticate tecnologie di ripresa e fotografia, adattandole alle condizioni estreme dell’ambiente-

Il risultato sarà la storia di questa grotta e degli uomini che l’hanno scoperta ed esplorata.

La Grotta dei Cristalli verrà rilevata mediante apparecchiature laser-scanner per ottenere restituzioni tridimensionali che permetteranno viaggi virtuali.

Viaggi che potrebbero diventare reali all’interno di repliche fisiche, forse l’unica maniera di vedere questa meraviglia quando la grotta, con la chiusura della miniera, non sarà più accessibile.

Inquadramento generale

Naica è un tipico paese minerario ubicato nel nord del Messico (latitudine 27°52’00″N – longitudine 105°26’15″W – quota 1500 m s.l.m.).

Si trova nello stato di Chihuahua, 130 km a sud est della capitale omonima. Si trova a circa 35 km da Ciudad de Delicias, nel municipio di Saucillo.
Secondo la tradizione, Naica significa “luogo senza acqua” ma, molto più probabilmente, tale termine è di origine Tarahumara,.

Proviene dalle radici Rarámuri “Nai” (luogo) e “ka” (ombra), e significa “luogo ombreggiato”, come giustificherebbe l’ombra proiettata dalla sierra isolata nel deserto circostante.
La storia di Naica, a parte la presenza degli indios Apaches tra il XVI e XIX secolo che si dedicavano ad assaltare le diligenze sull’antico cammino reale a Chihuahua, è sostanzialmente legata alla evoluzione dell’attività mineraria.

Oggi è famosa nel mondo e praticata con successo dal Gruppo Peñoles.
La presenza di minerali a Naica venne scoperta da Alejo Hernández, Vicente Ruíz e Pedro Ramos de Verea.

Il 26 giugno del 1794:

“Una mina ubicada en tierra virgen con el nombre de San José del Sacramento, en la Cañada del Aguaje de la sierra de Naica”.
Nel 1896 la miniera diventò di proprietà di Santiago Stoppelli e cominciò la costruzione della cittadina di Naica.

La Grotta dei Cristalli di Naica

La concreta estrazione dei minerali, però, cominciò solo nel 1900 allorché venne fondata la Compagnia Mineraria di Naica che proseguì la sua attività fino al 1911.
In quegli stessi anni, infatti, per le devastazioni causate dalla Rivoluzione, la Compagnia dovette sospendere le attività che ripresero solo nel 1924 ad opera della “Compagnia Mineraria Peñoles”.

Dopo il 1928, la miniera venne sfruttata intensamente dalle compagnie americane “The Eagle Picher” e “The Fresnillo Company”. Per cui Naica si è trasformata in un importante centro produttivo.

Tanto che nel 1934 venne fondata la sezione 30 del “Sindicato Nacional de Trabajadores Mineros, Metalurgistas y Similares de la República Mexicana”.
Nel 1961 gli americani si messicanizzarono e fondarono la “Compañia Fresnillo S.A. de C.V.” che proseguì le sue attività fino al 1998.

Allorché il Gruppo Peñoles acquisì le azioni straniere assumendo il controllo e messicanizzò totalmente l’attività mineraria. Naica è stata trasformata in una delle più produttive miniere dello Stato.

La grotta dei cristalli di Naica

Nel 1910 durante i lavori di scavo veniva scoperta quella che venne chiamata la Cueva de las Espadas (grotta delle spade). Una unica grande cavità di un’ottantina di metri di diametro a 120 m di profondità.

La grotta si apre in una zona semidesertica nelle montagne di Naica. Ad un centinaio di chilometri a sud-est della città di Chihuahua, capitale dell’omonimo stato messicano al confine con gli Stati Uniti.
Si tratta di montagne calcaree (età: 200 milioni di anni circa) in cui si sono formati reticoli di grotte.

Che sono state successivamente attraversate da acque termali di origine molto profonda, calde e mineralizzate.

Esse arrivavano in questi ambienti relativamente più freddi e vicini alla superficie e depositavano parte dei sali che trasportavano.

Lo sfruttamento delle Grotte

In milioni di anni le grotte si sono così in parte riempite di mineralizzazioni ricche soprattutto di piombo, argento e zinco.
Sin dalla fine dell’800 questi filoni di minerale sono stati oggetto di sfruttamento.

E quelle di Naica sono tuttora le più importanti miniere di questo genere nel Messico, e fra le maggiori del mondo.
La sua caratteristica fondamentale era di essere ricolma di grandi cristalli ” prismatici” di gesso (i macrocristalli di gesso vengono in genere detti di “selenite”) di dimensioni sino a un paio di metri di lunghezza e circa 25 cm di diametro.

Furono oggetto di uno sfruttamento di tipo mineralogistico.

Di fatto gran parte dei macrocristalli di questo tipo che sono attualmente esposti nei musei di mineralogia del mondo provengono proprio da questa grotta.
Questo sfruttamento ha doppiamente danneggiato la cavità. Da una parte privandola dei pezzi migliori, dall’altra modificando radicalmente le caratteristiche del microclima.

La conseguenza di ciò è che i cristalli rimasti sono diventati polverosi e opachi.
Nell’aprile 2000 durante i lavori di scavo di un tunnel di comunicazione, trecento metri sotto la superficie, veniva scoperta la Cueva de los Cristales (grotta dei cristalli). 

Con formazione cristalline e cristallizzazioni di gesso di dimensioni mai viste Sino a 10 m di lunghezza e 2 m di diametro, purissimi.

La grotta era lì per lì sistemata nei primi metri, che venivano spianati e dove venivano sistemate alcune delle luci elettriche.

L’esperienza negativa della Cueva de las Espadas, ha suggerito alla direzione della miniera una protezione radicale di questo autentico gioiello del mondo sotterraneo mondiale. Vi era il potenziale enorme valore di questi macrocristalli sul mercato mineralogistico e la loro sostanziale delicatezza.

La grotta dei cristalli

La visita non è permessa. Se non nel quadro di ricerche documentate che puntino ad approfondirne la conoscenza e migliorarne la conservazione. La conservazione della vita si presenta problematica su una scala tempi di qualche decennio.
Per questo la cavità è stata solo parzialmente esplorata per qualche decina di metri.
La difficoltà principale è però quella ambientale.

L’aria era infatti stimata a 60°C e 100% di umidità. La grotta si proteggeva benissimo da sé.

La genesi delle cristallizzazioni

I macrocristalli si sono formati sott’acqua.

In un punto dove le acque termali profonde, calde (52°C) e sature di solfuri venivano in contatto con acque esterne fredde e ricche di ossigeno, che si infiltravano naturalmente dall’esterno.
Lungo la superficie che separava queste due acque avveniva la “diffusione” dell’ossigeno nello strato inferiore. Le acque non potevano direttamente miscelarsi tra loro vista la differente (maggiore) densità di quelle profonde e mineralizzate, 

Con conseguente ossidazione degli ioni solfuro a solfato, che ne provocavano una lievissima sovrassaturazione rispetto al gesso e quindi una sua lentissimaa deposizione.

Queste condizioni di deposizione si sono evidentemente mantenute per un tempo molto lungo (migliaia di anni) e i cristalli hanno potuto svilupparsi sino a queste dimensioni inusitate.

Infine, in tempi molto recenti la cavità è stata probabilmente svuotata accidentalmente in maniera natural. Forse a seguito dell’abbassamento del livello freatico locale dovuto ai lavori minerari.

Il microclima

Durante la nostra ricognizione (ottobre 2002) abbiamo potuto rimanere più a lungo del normale e impiegare termometri di precisione.

Abbiamo così determinato in 47.10°C al suolo e 47.38°C a 2 metri di altezza la temperatura della cavità. La temperatura perciò cresce di circa un decimo di grado per metro di altezza. L’aria è satura di umidità.

La difficoltà tecnica

Per un’analisi degli effetti dell’umidità si veda l’interessante articolo di Claudio Castellano su NimbusWeb, l’indice di calore, quando l’umidità aumenta la sensazione di calore

La temperatura di per sé non pare eccezionalmente elevata, tanto che in certe zone esterne può essere largamente superata.

I più alti valori di temperatura misurati in atmosfera libera sono stati di 58°C a El Aziz, in Libia nel 1922 e di 57°C nella Death Valley, in California, nel 1913.

Le saune poi passano largamente questi valori e possono giungere anche oltre i 100°C.

Il fatto è che l’aria in quelle condizioni è estremamente secca.

E dunque il corpo umano può mantenere una temperatura cutanea normale grazie ad una continua evaporazione che permette la sopravvivenza anche per tempi relativamente lunghi.
Se l’aria si arricchisce di vapor d’acqua la situazione cambia in modo radicale.

Da una parte il meccanismo di evaporazione cessa di funzionare e dunque si diventa incapaci di liberarsi del calore. Dall’altra, ben più gravemente, la pelle e l’interno dei polmoni risultano “pareti fredde” su cui il vapor d’acqua prende a condensare rilasciando torrenti di energia.

Nelle saune si sperimenta questo terrificante effetto in piccola misura quando si butta dell’acqua sulle pietre roventi.

L’aria rimane estremamente secca, ma lo straterello sulla nostra pelle può diventare sovrassaturo e condensarci addosso. Il risultato è che ci si sente scottare di colpo.

La temperatura in realtà non è variata (anzi, è scesa) ma il meccanismo che ci manteneva “freddi” viene annullato per un istante e noi veniamo a sentire in pieno in quale inferno siamo immersi.

La tecnica

In pratica lo stare in un’atmosfera satura di umidità a temperature superiori a 35-37°C è equivalente ad essere immersi in acqua corrente di quella temperatura e perciò è abbastanza rapidamente mortale.

La temperatura massima accettabile per un’acqua calda in cui immergersi completamente è fra 40 e 42°C.

Al di sopra riteniamo che essa scotti in modo insopportabile.

La temperatura della Cueva de los Cristales è dunque proprio così: insopportabile, soprattutto al primo impatto.

In realtà si può resistere seminudi a quella temperatura per 3-5 minuti. Sfruttando il fatto che il calore impiega un tempo discreto a “bollirci”.

E la temperatura cutanea viene tenuta a livelli tollerabili dal flusso di sangue “freddo” che arriva dal nostro interno grazie ad una enorme vasodilatazione periferica.

La situazione è dunque instabile e soprattutto sottopone il cuore ad uno sforzo tremendo. Lo si sente battere come durante una corsa disperata.
Poco tempo dopo la scoperta della grotta un minatore vi è penetrato segretamente per prelevare cristalli.

Egli ha perso i sensi e, quando è stato trovato, il suo corpo risultava letteralmente cotto al vapore.
Lo scopo della nostra prima ricognizione era di prendere conoscenza dell’ambiente. Ed utilizzare un approccio lievemente diverso da quello tradizionale di entrare seminudi.

Coprirci il più possibile, per impedire al flusso di calore di raggiungere la pelle. Ritenevamo che in questo modo ci si potesse esporre per tempi molto più lunghi. E di fatto uno di noi è stato esposto per quasi mezz’ora.
D’altra parte temevamo che esposizioni prolungate potessero far insorgere problemi ai polmoni. Anch’essi “pareti fredde” su cui il vapor d’acqua avrebbe condensato col doppio effetto di bollirceli e di riempirli d’acqua.

Abbiamo quindi realizzato dei respiratori. L’aria veniva raffreddata prima di arrivare ai polmoni.

La strumentazione:

Il problema fondamentale della strumentazione (apparecchi fotografici e un termometro al 1/100°C) era il fatto che diventavano utilizzabili solo dopo aver raggiunto la temperatura ambiente. E che prima di raggiungerla sarebbero stati grondanti di condensa, presumibilmente anche all’interno.

Alla fine dei conti è risultato un piccolo danneggiamento del display del termometro. Ed apparentemente nessun danneggiamento delle apparecchiature fotografiche: questo ci ha piacevolmente sorpreso.
Un errore grave che abbiamo invece fatto è stato quello di sottostimare il tempo necessario perché gli strumenti (e in special modo la D100, più massiccia) si equilibrassero.

In pratica la Coolpix e il termometro si sono quasi equilibrati in poco meno di un’ora, ma la D100 avrebbe richiesto almeno un paio d’ore.

Patrocinatori

-Università di Bologna – Dipartimento di Scienze della Terra e Geologia
-L’ Università di Firenze – Dipartimento di Scienze della Terra
-Università di Trieste – Dipartimento di Geologia
-Universidad de Almerìa (España) – Dipartimento di Idrogeologia e Chimica Analitica
-L’Universidad Autonoma de México – Istituto di Astronomia, Istituto di Geologia, Istituto di Biologia, Grupo Espeleologico
-New Mexico University (USA) – Dipartimento di Geologia
-Società Speleologica Italiana
-Club Alpino Italiano

Fonte:

laventa.it

Il video delle grotte di Naica.

Curiosità:

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I luoghi misteriosi e le scoperte più strane nel mondo

La foresta incantata esiste davvero: è in Russia

La foresta incantata esiste davvero ed è in Russia

Albero della foresta incantata. Immagine tratta dal web.

Mosca

14/08/2006

In un parco naturale al confine tra l’enclave russa di Kaliningrad e la Lituania, c’è un angolo di bosco che lascerebbe a bocca aperta anche Fox Mulder, l’eroe dei telefilm X-Files: i pini crescono in forme strane e bizzarre.

I tronchi girano a spirale, vanno su a zig-zag oppure strisciano come serpenti.

Ce n’è persino uno fatto a trono e un altro che assomiglia a un antico strumento musicale, la lira.
Il parco si chiama Kurshskaia Kosà, sorge sulla costa del Mar Baltico.

Il direttore del parco Aleksandr Fomiciov racconta di aver scoperto per caso «il fenomeno» qualche settimana fa andando per funghi:

«Sono rimasto impietrito», confida al settimanale russo Itoghi che sull’ultimo numero dedica un ampio reportage alla «foresta incantata». Foresta dove nemmeno gli uccelli si azzardano a cinguettare e regna dunque un inquietante, assoluto silenzio.
II ritrovamento dell’enigmatica pineta, che dà l’impressione di essere stata «modellata da una forza invisibile», ha suscitato subito una grossa curiosità. Sia a Kaliningrad (l’ex-Koenigsberg, la città del filosofo tedesco Immanuel Kant nell’ex-Prussia orientale) sia in Lituania.

E già si sprecano le teorie sul perché e sul percome di quegli alberi in fantasiosa contorsione.

Viadimir Kulikov, uno storico intervistato da Itoghi, si dice convinto che nella «foresta danzante» non c’è nulla di davvero eccezionale.

Fenomeni simili esistono nei Paesi scandinavi e nella stessa Lituania e sono dovuti alla particolare composizione del sottosuolo e alla violenza del vento. Qualche biologo tira invece in ballo il bruco di una farfalla che divorando le gemme dei pini ne provocherebbe la crescita anomala.

La foresta incantata esiste davvero: è in Russia

Nella zona di Kurshskaia Kosà vive una comunità di vecchio-credenti (così si chiamano gli ortodossi russi rimasti fedeli alla liturgia esistente prima della riforma compiuta nel 1654 dal patriarca Nikon).

Che dopo la scoperta della misteriosa pineta hanno rispolverato una leggenda del loro folclore, quella di Predislava.

Così si chiamava una ragazza che facendo ballare gli alberi di quel bosco avrebbe convinto un principe prussiano di lei innamorato ad abbandonare il paganesimo e abbracciare la fede cristiana.

Fox Mulder avrebbe ovviamente trovato molto più affascinante l’ipotesi avanzata da un gruppo di «cosmo-biologi». Teoria che nella foresta incantata di Kurshskaia Kosà vedono una «zona di Forza» tra lo spazio infinito e gli esseri viventi della Terra.

Paragonabile a luoghi magici come il monumento megalitico di Stonehenge in Inghilterra o le Piramidi d’Egitto.

«Nella foresta corre un legame invisibile tra il cosmo e la Terra e ciò crea un vortice energetico». Sostiene con argomenti da X-Files un medium di Kaliningrad, Mikhail Buklin

Per i «cosmo-biologi» è particolarmente carico di energia il pino con il tronco a cerchio. Passandoci attraverso, assicurano, si aggiunge un anno intero alla propria vita.

Fonte:

Il giornale.it

Curiosità:

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La prima mummia terrorizzata in Perù

La prima mummia terrorizzata in Perù

Immagine della mummia terrorizzata tratta liberamente dal web.

Il corpo mummificato di una donna Chachapoya vissuta 600 anni fa in Perù

11 gennaio 2007

Le mani sugli occhi, panico nel volto: il corpo mummificato di una donna di 600 anni fa rinvenuto in Perù

La prima mummia terrorizzata scoperta in una caverna nelle Ande.

E’ perfettamente conservato: apparteneva alla tribù dei Chachapoyas, conquistati dagli Incas

Londra

Il volto contratto in una smorfia di terrore, le mani a coprire gli occhi.

La paura di morire le è rimasta fissata addosso e, dopo 600 anni, è arrivata fino a noi. Insieme al suo corpo mummificato, perfettamente conservato, scoperto per caso in Amazzonia.

Questa donna pietrificata dal panico apparteneva alla tribù dei Chachapoyas, i “guerrieri delle nuvole” come li chiamavano i vicini e rivali Incas. E si è conservata in perfette condizioni grazie alle arti imbalsamatorie del suo popolo.

La mummia è stata ritrovata in una caverna per la sepoltura, destinata anche al culto, scoperta nella foresta pluviale peruviana.

E’ stato un agricoltore ad avvertire gli scienziati dopo averla trovata per caso mentre era al lavoro in quella zona. Dalla volta nascosta sono emersi preziosi manufatti. Tra cui ceramiche, tessuti, pitture, oltre al corpo della donna e alla mummia di un bambino, che riposavano insieme.

Sulle circostanze della loro morte rimane il mistero.

La prima mummia terrorizzata in Perù.

Come del resto ben poco si sa della loro tribù, i Chachapoyas.

Abitanti biondi, alti, di pelle chiara, erano probabilmente originari dell’Europa. La loro era una delle civiltà più progredite di quell’area. Dall’800 al 1500 furono alla guida di un regno che si estendeva su tutte le Ande.

Perfino il loro nome originale è ignoto. Quello che è arrivato a noi è il soprannome dato loro dagli Incas, che li conquistarono:

“gente delle nuvole”. Per le regioni elevate che i Chachapoyas abitavano nella foresta.

La scoperta del sito è considerata di grande importanza dagli archeologi che lo hanno portato alla luce.

E le fotografie delle due mummie hanno affascinato il popolo della Rete. Che ha subito iniziato a fare congetture su quelle smorfie di dolore.

Non è possibile, dicono alcuni, che il viso sia rimasto fissato in quell’espressione durante l’imbalsamatura:

è più probabile che sia stato mummificato per cause naturali.

Ma qualcun’altro obietta, commentando un articolo che riporta la scoperta, sul sito dell’Evening Standard, che può essere semplicemente opera del tempo.

Le gengive si sarebbero ritirate col passare degli anni consegnando all’eternità quest’immagine angosciata, da cui è così difficile distogliere lo sguardo.

Fonte:

repubblica.it

Approfondimenti:

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Scoperto in Messico il più lungo fiume sotterraneo

Scoperto in Messico il più lungo fiume sotterraneo del mondo

Gli speleosub esplorano un labirinto di grotte sommerse nella penisola dello Yucatan, in Messico.

E trovano quello che potrebbe essere il fiume sotterraneo più lungo del mondo (153 chilometri). Si tratta di una notizia ad effetto, non è un vero e proprio fiume, ma un enorme sistema di gallerie allagate.

La scintilena aveva già dato questa notizia a gennaio 2007, quando era circolata sulle mailing list degli speleologi centroamericani. Ed ora fa il giro del mondo, ne parla anche il National Geographic News.

Immagine puramente illustrativa Foto di jhovani_serralta da Pixabay

La grotta si inoltra zigzagando nelle rocce carsiche della penisola dello Yucatan. Questo dice lo speleosub inglese Stephen Bogaerts che ha fatto questa scoperta con il suo collega tedesco Robbie Schmittner.

Il fiume ha scavato una grotta lunga 153 chilometri, di cui attualmente solo 10 chilometri sono liberi dall’acqua.
Bogaerts e Schmittner hanno impiegato 4 anni ad esplorare l’immenso sistema carsico con speciali scooter subacquei.

Grazie ai quali sono riusciti a congiungere il secondo e il terzo sistema carsico per grandezza della Penisola dello Yucatan, noti rispettivamente come Sac Actun e Nohoch Nah Chich.
“Speravamo di portare a termine le esplorazioni a dicembre 2004” dice Boegaerts. “ Ma sfortunatamente non siamo riusciti a trovare la congiunzione nell’area che avevamo esplorato. Doveva essere da qualche altra parte”.

Scoperto in Messico il più lungo fiume sotterraneo del mondo


Finalmente il 23 gennaio di quest’anno sono riusciti a passare da un sistema all’altro. Brindando all’interno con una bottiglia di spumante.
“E’ un piccolo colpo, come piantare una bandiera sulla luna o in cima all’Everest”, confessa Bogaerts. All’uscita altro brindisi con un’altra bottiglia. (Se erano italiani avrebbero bevuto un bicchiere di rosso)
Gene Melton, un altro speleosub della Società Speleologica Americana, ricorda che la giunzione è il frutto di venti anni di esplorazioni e rilievi dei labirinti sotterranei dello Yucatan.

E la zona, molto famosa e popolare, ha favorito l’esplorazione e la presenza degli speleosub.
Ha paragonato la regione ad una immensa spugna di calcare.

Infatti la maggiorparte della penisola messicana è costituita da rocce calcaree facilmente attaccabili dall’acqua che in questa regione del globo è particolarmente calda. E la media della temperatura è di 25 gradi centigradi, più o meno uniforme in ogni parte del sistema carsico.
Gli speleosub sono entrati nel sistema carsico attraverso i numerosi cenotes che si aprono nella foresta.

Ma fanno notare che l’acqua non scorre come un vero fiume.

Infatti la maggiorparte dell’acqua, circa il 98%, rimane ferma all’interno delle cavità sotterranee. Il sistema carsico sotterraneo ha fornito acqua ai Maya per secoli. Ed attualmente la regione deve sopportare l’impatto del turismo di massa, con il pericolo di inquinare questi delicati sistemi carsici.

Gli speleosub comunque non hanno terminato il proprio lavoro.

E si stanno già preparando per connettere un terzo sistema sotterraneo. Portando lo sviluppo probabilmente a più di 200 chilometri. Per seguire l’evoluzione delle esplorazioni basta andare a questo link caves.org.dove sono aggiornate settimanalmente le nuove esplorazioni della zona.

Fonte:

Scintilena – Notiziario di Speleologia

Curiosità:

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Una nuova specie il leopardo nebuloso del Borneo

Una nuova specie il leopardo nebuloso del Borneo

Gli scienziati hanno scoperto che il leopardo nebuloso che vive nelle isole del Borneo e di Sumatra. Ed è una specie distinta da quella che vive nel continente del sud-est asiatico

Il leopardo nebuloso del Borneo

Foto WWF Canon A. Compost

15/03/2007

Borneo.

La notizia giunge a poche settimane dalla notizia data dal WWF sull’identificazione da parte degli scienziati di almeno 52 nuove specie di animali e piante nel Borneo nel corso dell’ultimo anno.

Il che mostra ancora una volta quanto sia importante conservare l’habitat e le specie della terza isola più grande del mondo. E’ un isola che conserva ancora uno dei tre più importanti ‘polmoni verdi’ della terra.

I leopardi nebulosi sono i più grandi predatori del Borneo. E sono famosi perchè possiedono i più lunghi canini, in proporzione alla dimensione corporea, di qualsiasi altro felino.

I ricercatori dell’Istituto nazionale statunitense per la lotta al cancro (US National Cancer Institute) sostengono che le differenze tra il leopardo del Borneo e quello del continente si possono paragonare a quelle riscontrabili con altre grandi specie di felini come leone, tigre, leopardo, giaguaro e leopardo delle nevi.

Una nuova specie il leopardo nebuloso del Borneo

La popolazione di leopardo nebuloso del Borneo si è presumibilmente differenziata dalla popolazione del continente circa 1 milione e 400 mila anni fa.

“I risultati delle ricerche genetiche indicano chiaramente che il leopardo nebuloso del Borneo si deve considerare una specie distinta. Dato che i test sul DNA hanno evidenziato circa 40 differenze tra le due specie.

Ha dichiarato Stephen O’Brien, Capo del Laboratorio di diversità genomica dell’Istituto nazionale statunitense per la lotta al cancro.

I risultati dello studio genetico sono supportati da una ricerca separata e parallela sulle variazioni geografiche del leopardo nebuloso. La ricerca è basata soprattutto sul tipo di maculazione del manto e sulla colorazione delle pelli conservate in musei e collezioni.

“Comparando le pelli del leopardo del Borneo con quelle del leopardo del continente abbiamo capito che si trattava di due specie diverse”Ha detto Andrew Kitchener, del Dipartimento di Scienze Naturali del Museo Nazionale Scozzese.

Una nuova specie il leopardo nebuloso del Borneo

“È incredibile che nessuno abbia notato prima queste differenze”.

Le due specie si distinguono visibilmente per la grandezza e distribuzione delle macchie. E persino per il colore della pelliccia, più chiara quella del leopardo continentale e più scura quella del cugino del Borneo.

Il fatto che il predatore primario del Borneo sia ora considerato una specie a parte ribadisce ulteriormente l’importanza di conservare questa regione. Zona che possiede un’elevatissima ricchezza di biodiversità. E subisce una pressione umana molto significativa, soprattutto a danno della ricchissima foresta.

Si stima che vivano nella foresta del Borneo dai 5.000 agli 11.000 individui di leopardo nebuloso. Mentre Sumatra ne conterebbe dai 3.000 ai 7.000. In ogni caso occorre approfondire gli studi per ottenere dati più certi.

La principale minaccia che i leopardi devono fronteggiare è data dalla distruzione degli habitat- Sono la deforestazione e commercio del legname.

L’ultima grande dimora di questa specie è proprio il “Cuore del Borneo”. Con 220.000 chilometri quadrati di territorio montuoso e incontaminato, circa cinque volte la Svizzera, coperto da foresta pluviale equatoriale. E’ situato al centro dell’isola, oggetto da anni di un grande impegno del WWF in progetti concreti di conservazione.

Fonte:

wwf.italia

Approfondimenti:

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