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Una cronaca dimenticata la bestia feroce milanese

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Una cronaca dimenticata la bestia feroce milanese

I puntata: Una cronaca dimenticata.

Nel ballatoio ligneo che si affaccia sull’atrio della Biblioteca Nazionale Braidense si trova una raccolta di scritti e opuscoli vari di argomento lombardo, costituita da una serie di cartelle che riportano sul dorso la segnatura Miscellanea 14.16.


Nell’atmosfera un po’ cupa, appesantita dalle strutture di legno antico, ma illuminata dai violenti fiotti di luce che si riversano dalle finestre che si aprono su un cortile interno del palazzo di Brera. Emergono dalle cartelle dalla copertina violacea opuscoli di formati differenti, legati insieme.

Uno di questi, che appare in apertura di cartella, è un opuscolo di poco più di sessanta pagine, stampato in caratteri piuttosto grandi, su una carta di colore chiaro, di qualità discreta.

Nel frontespizio il titolo Giornale circostanziato di quanto ha fatto la Bestia feroce nell’Alto Milanese dai primi di Luglio dell’anno 1792 sino al giorno 18 settembre p. p.


La prefazione, in cui l’accorto narratore pone le premesse della sua circostanziata cronaca, è volutamente ambigua e lascia spazio a interpretazioni differenti.

L’incertezza è l’unico valore ricavabile e il referente si trasforma in tal modo in un’entità irreale e inafferrabile, un essere solo apparentemente identificabile, simile agli esseri reali, ma non identico ad essi.

Se nei racconti di fantasmi l’essere che appare, nella sua impossibile e inspiegabile realtà, è troppo orribile per poter essere nominato, nella cronaca settecentesca la raccapricciante creatura viene sovente ricordata, ma in maniera indefinita.

Più che un animale reale e verosimile è una categoria, <<la bestia>>, che evoca lontane paure e una persistente apprensione, un’essenza ferina che piomba improvvisamente nel nostro quotidiano per sconvolgerne e distruggerne gli equilibri e le certezze.
Leggiamo quindi le brevi pagine introduttive dell’anonimo cronista.

Una cronaca dimenticata la bestia feroce milanese

Giornale circostanziato di quanto ha fatto la bestia feroce nell’Alto Milanese dai primi di Luglio dell’anno 1792 sino al giorno 18 Settembre p. p.
In Milano, A spesa dello Stampatore Bolzani, [1792]

Al lettore

Mentre la Bestia feroce facea stragi di Fanciulli, e atterriva gli uomini, io, che saper potea quanto alla pubblica autorità venìa riferito, m’occupava di mano in mano a scrivere questo Giornale. Coll’intenzione di pubblicarlo tosto che la Bestia fosse presa, con che e avrebbe avuto fine il Giornale. E sarebbesi alla medesima potuto dare con accertatezza un nome, aggiungendone la descrizione, e se v’era d’uopo la figura.
Tenni per certo, che questo momento fosse giunto nel giorno 18 di Settembre. Quando s’annunziò la presa della Bestia in una delle Fosse Lupaje di cui parlasi sotto il giorno 20 di Agosto.

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Tante cose si dissero a principio.

Che parea non potersi dubitare esser quella veramente la Bestia feroce che si volea far perire; ma tante altre cose si dissero in appresso, che nacque forte dubbio su di ciò.

Qual Bestia veramente sia stata presa, e in che modo, e quali particolarità siansi in essa ravvisate nella Sezione Anatomica, lo diremo a suo luogo.
Intanto s’è pensato di non più ritardare a pubblicare quanto la Bestia feroce ha fatto finora, e quanto si è fatto per essa. Se veramente sarà cessato il danno, e argomentar così potremo, che sia perita la Fiera, sarà così terminato il libro.

Altrimenti si darà esposto in un Appendice quanto in seguito avverrà. Poiché la Bestia, se vive ancora, non potrà sfuggir lungamente la persecuzione de’ Cacciatori quando sgombre siano dalle Biade, e dalle Viti le Campagne, e dalle Foglie i Boschi stessi.

Ogni soluzione rimane possibile.

Così termina l’introduzione, lasciando aperte le porte dell’incubo.

Ogni soluzione rimane possibile: forse la Bestia non è ancora morta, e in tal caso l’orrore potrebbe continuare, o forse è morta o è stata catturata, ma il suo cacciatore non ha reso testimonianza dell’avvenimento.

Ma perché sarebbe stata nascosta la verità, se non fosse stata troppo orribile per poter essere liberamente raccontata?

La storia incomincia il 4 luglio del 1792 e ha come sfondo le aree della campagna milanese, allora in parte incolta e boscosa.
Quel giorno, dunque, ha inizio questa inquietante vicenda, che preferiamo raccontare con le parole stesse dell’anonimo redattore della cronaca, fedelmente trascritte.

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Giornale, 5 Luglio.

La prima vittima umana di questa Bestia feroce, per quanto sappiamo probabilmente, fu Giuseppe Antonio Gaudenzio di Cusago. Situato è questo villaggio a sei miglia da Milano presso un esteso bosco a cui dà il nome, fra il Naviglio, e la strada, che conduce a Novara.

Ivi sovente albergano i lupi nell’ inverno, e sen fa annualmente non inutil caccia dal Sig. Don Francesco Gallina, che ne possiede parte. Ivi frequentemente facea soggiorno la feroce Bestia.

Dicesi, che nel giorno 4 il fanciullo, com’ era suo costume, conducesse la vacca, unica ricchezza della sua famiglia, a pascolare nel bosco. O foss’ egli trascurato, o capricciosa oltre l’ usato fosse quel giorno, la vacca s’ inselvò, la perdè di vista, e già cadea il Sole, nè potea rinvenirla.

Sperò, che da sè stessa fosse ita alla consueta stalla, e s’ avviò a casa. Incontrò sull’aja il burbero padre, che gli chiese della vacca. Sorpreso il figlio, e dolente di non trovarla, cercò qualche scusa:

il padre soverchiamente severo, va, gli disse, minacciandolo, cercala, e non osar di più tornare, se non la riconduci. Tornò il figlio piangendo, e disperato al bosco.

Che gli avvenisse, non si sa. Più non si rivide da parenti alla sera, nè alla notte.

Alla mattina il padre sentì rimorso della sua crudeltà; e ‘l dolor, e ‘l pianto della moglie glielo raddoppiava. Corse al bosco: dopo molti giri trovò la vacca, che tuttavia pascolavasi:

Chiamò lungamente il figlio, che mai rispose; e lo pianse perduto, senza sapere qual fine avesse fatto. Solo dopo alcuni giorni seppe, che si era trovato un giupponcino, e de’ calzoncini lordi di sangue, un cappello, e alcuni avanzi del corpo di un fanciullo divorato. Sentì allora tutta la sua durezza.

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Se ne accusarono i lupi; benchè paresse strana cosa, che in quella stagione. Il lupo animal carnivoro insieme, e frugivoro, a cui offria abbondante cibo la campagna, assalito avesse un fanciullo.

E si dubitò piuttosto, che questi, stanco e abbattuto, si fosse addormentato, e ‘l lupo l’ avesse colto dormente. Forse così avvenne; ma quello, che si seppe poi della Bestia feroce, indusse ad accusarne lei piuttosto, che i lupi.

8. Luglio.

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Questo primo male non sapeasi ancora in Milano quando vi pervenne al giorno 9 dello stesso Luglio la notizia di ciò, che avvenuto era a Limbiate.

Situato è questo villaggio a 8 miglia da Milano verso tramontana, e distante ben 12 miglia da Cusago, presso al torrente Seveso, e appoggiato ad una costa, sopra la quale sta una pianura per gran parte incolta, detta la Grovana.

Ivi a luogo a luogo è della boscaglia, principalmente sul pendio; e ivi è il pascolo del Comune. Alcuni ragazzi d’ambo i sessi ivi stavano in guardia delle vacche, e di altri animali loro affidati da parenti.

Sull’accostarsi della sera veggon avvicinarsi a loro una brutta bestia, simile a grosso cane, ma d’orribil ceffo, e di strana forma. Si spaventano, e non sapendo che meglio fare, mentre la bestia temporeggia disegnando la preda, e studiando il miglior modo di afferrarla, salgono su vicini alberi, gridando ajuto.

Lontani erano i contadini a lavorare ne’ campi, e niuno accorse.

 

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Eccone la figura.

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Una rappresentazione della bestia dell’alto milanese.

Vegliavasi a Limbiate, e attendeasi il ritorno della Bestia feroce quando nel giorno 11 s’ intese, che a Corbetta, distante da Milano 12 miglia, e altrettante da Limbiate sulla strada di Novara. Aveva rapita, e sbranata, e in parte divorata la fanciulletta Giuseppa Suracchi d’ anni sei.

Stava questa al tramontar del Sole con una sua sorella maggiore sulla strada che da Corbetta conduce alla Cassina Pobbia, in custodia d’ alcuni animali.

Veggono le sorelle dalla siepe sbucare una bestia, che esse prendono per un grosso cane, di colore cinericcio scuro, con macchie nericcie, il quale avventasi alla più piccola, l’ afferra pe’ panni sul fianco. E strascinandola, malgrado le alte sgrida sue e della sorella la porta sull’alta riva entro la siepe.

La smarrita, e tremante sorella, che la perde di vista, corre a cercar ajuto, e racconta fra i palpiti del cuore il tristo caso. Accorrono i parenti, e altri Contadini, e dopo lunghe ricerche trovano la misera fanciulletta sbranata, entro una vigna, distante ben un mezzo miglio dal luogo ove ghermita l’ avea la Fiera.

Crebbe allora vieppiù il pensiere, che fosse una Jena, avendo osservato, che scannata l’ aveva alla gola, quasi per beverne prima il sangue; il che dicesi essere proprio di quella Fiera.
Non mancò però chi pensò diversamente.

E chi aveva fatte molte ricerche, espose francamente, che dalle sue indagini, dalle informazioni prese, e da un ponderato esame di tutto ciò che narravasi su questo proposito.

Eli inferiva, che molti de’ fatti che raccontavansi fossero frottole, o sogni e gli altri provassero, che i lupi, e non la Jena erano i malfattori.

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La donna di Corbetta.

 

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Nulla veggono, nulla senton

Credono d’ essere stati ingannati, o che partita sia la Bestia chetamente, mentr’ essi meditavano di sorprenderla. Risolvono d’abbandonare l’ impresa, e a un tratto, odon rumore nell’ angolo del campo stesso, vi si volgono, e veggon la fiera partire a gran balzi, sicchè nemmeno hanno tempo di far fuoco su di essa.

Così a un dipresso è succeduto ai cacciatori del Sig. Don Bassano Bonanome.

Essi perlustrano il bosco di Cusago; lasciano intatto un angolo presso ad un capo di roggia, che noi diciam fontanile, e da quell’ angolo sbuca da lor fuggendo la Fiera senza che abbiano tempo di metter alla faccia lo schioppo.

L’agilità, e la sveltezza dell’animale congiunta alla sua malizia, hanno così più volte deluse le speranze di chi credea colla sua morte acquistar ricchezza, e gloria.

Due Cacciatori essendo sull’ aperta brughiera di Senago; ma appiattati nell’ alveo d’ un rivo, odono i lor compagni che dal confin del bosco gli avvisano, che la Bestia verso loro s’avvia.

Ascendono la sponda, la belva passa, e non hanno tempo a tirarle, se non quando si era a distanza grandissima. Uno dei cacciatori di Valsasina, di cui parleremo, vedela da vicino.

Dubita, perchè diversi erano i rapporti sulla sua figura (altri bigia descrivendola, altri rossiccia, ed altri bruna), e quando si determina a farle fuoco addosso, la Bestia è fuor del tiro ordinario.

I lepri, ai quali solo, mangiate erano le interiora e l’ capo, trovati da cacciatori furon certamente avanzi de’ pasti della Bestia, che gli avea presi al corso.

Certamente convien dire, che tal Bestia alla velocità, e alla malizia unisca molta fortuna; ma è vero altresì, che l’ indolenza, e la viltà de’ villani fanno la fortuna sua.

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Molte volte i contadini accorrono alle strida de’ fanciulli assaliti o minacciati, e non mai v’ accorrono collo schioppo.

Talora s’ armano, tirano il colpo alla fiera sdrajata, che sembra essersi posta a bersaglio; ma talmente lor trema il braccio, che il colpo va a ferir il suolo o i rami degli alberi.

Così è avvenuto a un certo Rosana di Desio, che vede la Bestia giacente appiè di giovane salice, ha tempo di prendere lo schioppo carico a palle incatenate: tira il colpo, tronca l’ albero, e la Bestia intatta si ritira.

Colpi simili non infrequenti hanno prodotto un male, a cui la ragione non sarebbesi mai aspettata. Se il timor fece gli Dei de’ Gentili, al dir di Lucrezio, soventi anche fra Cristiani creò gli spiriti maligni, gli stregoni, i demonj ove non erano.
La sagacità di questa Bestia, che sì di rado incappa in uomini armati.

Il timor panico de’ cacciatori i più risoluti quando la veggono. L’agitazion loro, per cui perdono e la vista per ben mirare, e la forza di tener diritto lo schioppo; l’ agilità superiore a quante bestie conosciamo.

La differenza d’ aspetto, che rilevasi dalle diverse descrizioni, che ne abbiamo; il trovarsi poco meno che contemporaneamente in luoghi distanti.

Tutte queste cose, e più altre interamente sognate, al volgo contadino, inclinato al maraviglioso, e al poltrone, che ama meglio lasciar di sè la cura al cielo. Che da sè stesso difendersi, destano il pensiere, che non una Bestia naturale questa sia, ma uno spirito infernale, o altrochè d’ analogo.

Questa, comunque insensata, opinione si sparge, e v’ ha sin chi dice averla trovata di notte in mezzo ad un bosco in figura di gentil donzella.

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A ciò danno peso, presso chi non ragiona, le preci pubblicamente contro la Fiera ordinate come diremo in appresso.
Sì strane opinioni però non trattennero punto il Governo dal prendere le più opportune misure per liberare il paese da questo flagello. Ai 14 di Luglio fu promulgato dalla Conferenza Governativa il seguente.

Avviso.

In questo momento giunge alla notizia della Conferenza Governativa, che la Campagna di questo Ducato trovasi infestata da una feroce Bestia di color cenericcio moscato quasi in nero.

Della grandezza di un grosso cane, e dalla quale furono già sbranati due fanciulli. Premurosa la medesima Conferenza di dare tutti li più solleciti provvedimenti.

Che servir possano a liberare la provincia dalla detta infestazione, ha disposto che debba essere subito combinata una generale Caccia con tutti gli Uomini d’ armi delle Comunità, col satellizio di tutte le Curie, e colle guardie di Finanza.
Al tempo stesso rende inoltre noto, che da questa Tesoreria Camerale verrà pagato il premio di cinquanta Zecchini effettivi a chiunque, o nell’ atto della suddetta generale Caccia.

O in altra occasione avrà uccisa la predetta Bestia feroce. Somma che verrà subito sborsata dal Regio Cassiere Don Giuseppe Porta, in vista del certificato, che rilascierà il Regio delegato della Provincia, nel di cui Territorio la suddetta Bestia sarà stata ammazzata.

Milano li 14 Luglio 1792.

In vista di questo avviso s’accrebbe il numero di quei che aspiravano al premio, e all’ onore di aver liberata l’ Insubria da tanto nemico.

Pareva facile ad ogni cacciatore l’ ucciderla, e pareva impossibile ai tranquilli ragionatori, che sedendo su Caffè ne meditavano la strage.

Che ad ogni momento non venisse la nuova della Fiera uccisa, e la fiera stessa portata in trionfo. Fuvvi anche chi inopportuno derisore di questa ben perdonabile lusinga, mandò de’ messi fallaci per vedere il popolo vanamente accorrere.
Ma si giunse al di 19, e la Belva, contenta di polli, e d’ animali non domestici, poco di se faceva parlare.

Molti, a vero dire, diceano d’averla or qua or là veduta; ma poco erano creduti.
Ciononostante si eseguì l’ intimata Caccia generale.

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Si sa che tutte le Comunità della Lombardia Austriaca hanno certo numero di contadini. I quali, medianti alcuni privilegj e diritti, son tenuti ad avere in casa schioppo, e munizione, ed a servire a cenni del Regio Cancelliere del distretto, qualora abbisogni della forza pubblica.

Chiamansi questi uomini d’ armi.

Tutti questi uomini d’armi de’ distretti XII. XIII. XIV. XXIV. XXV. XXVII. XXVIII. furono comandati.

Innumerevoli cacciatori a loro s’ unirono, mossi altri da zelo, altri da curiosità, altri dalla voglia di divertirsi, e di ridere; percorsero le campagne di que’ distretti.

Ove la Bestia soleva aggirarsi; ma le grida, gli urli, i fischi e più di tutto i tamburi avvertiano la Fiera dell’assalto che le si minacciava. O cheta siasi ella appiattata, o sia fuggita in più lontana parte, certo è che nessuno la vide.

Non solo fu inutile questa Caccia generale; ma fu anche nocevole.

La Campagna nostra era in que’ dì, e lo è tuttora coperta dai grani minuti, e dalle viti, ove non sono prati irrigati, o risaje.

Tante persone,che vagavano senza direzione, dovevan’ apportare considerevol danno, e ve l’ apportaron difatti; onde sen’ ebbero pubbliche lagnanze. Considerevole altronde era stata l’inutile spesa della Regia Camera, che a tutti gli Uomini d’ armi pagò la giornata.

La bestia feroce ancora libera.

Maravigliatosi il Regio Governo che in nessuno abbattuta si fosse la Bestia feroce in que’ dì ordinò a Cancellieri di far esplorare se aveasi di essa notizia, e ove fosse stata veduta, per farla ivi inseguire.

Frattanto però la Bestia vivea tuttavia, e se non divorava fanciulli, or in uno, or in altro distretto atterria gli abitanti.

Di maniera, che i fanciulli e le donne più non voleano andare alla guardia del bestiame e ai lavori campestri. Convenia, giacchè sì facil non era togliere la cagione del timore, rassicurare almeno quelli.

E queste, e a tal oggetto nulla immaginar si potea di più spediente quanto l’ordinare che ogni Comunità de’ divisati distretti avesse gli uomini d’ arme in sentinella in que’ luoghi ove soleano i ragazzi condurre il bestiame, e comparir solea la Fiera.
Le sentinelle furon poste:

i ragazzi da loro scortati tornarono ai boschi, alle brughiere, ai campi.

Alcuni Cacciatori scusavano la dappocaggine loro sulla scarsezza del premio; e la Conferenza Governativa emanò il secondo avviso che qui inseriamo.

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Avviso

Per vieppiù animare gli Uomini d’ armi, li Cacciatori. E

qualunque altra persona a far ogni tentativo per distruggere la Bestia feroce, che infesta alcuni distretti di questo Ducato, la Conferenza Governativa ha determinato di aumentare fino a cento cinquanta Zecchini il premio.

Che verrà corrisposto a chi avrà uccisa la Bestia predetta. Tale premio sarà corrisposto nel modo, che nell’ avviso del 14 andante fu indicato per quello di cinquanta Zecchini.

Trovato equitativo in allora, che si ordinava pure una generale Caccia, e che ignorandosi per anche l’ agilità, e la velocità della stessa Bestia, era da supporsi meno difficile il poterla uccidere.

Milano 24 Luglio 1792.

Al premio di 150 zecchini aggiugneansi i regali di illustri Cavalieri Borromeo, Litta, Crivelli, Castiglioni, Aresi, ec. ec. che promessi gli aveano qualora sulle loro terre la Bestia fosse stata uccisa.

Il Sig. Cavaliere Sannazari, che ha un ricco museo del Regno Animale, per aggiugnervi pur la spoglia di questa Fiera aveva offerti per averla, 20 altri zecchini, ben’ inteso. Che a lui si portasse dopo che l’ uccisore avesse riscosso un dovuto tributo dalla pubblica curiosità.

Non puossi ben calcolare quanto, guadagnato avrebbe chi avesse mostrata la spoglia di questa Fiera ad un prezzo proporzionato all’ avidità; ma certo è, che ammontato sarebbe a parecchie centinaja di zecchini.

Il contadino, che l’ uccidea cambiava stato, e divenia maggiore di tutti i suoi pari. L’ esuberanza di questo premio accrebbe ai cacciatori la vigilanza.

Alcuni vennero dalla Valassina, ed altri da Valsasina, paese, ove non di rado si ha a combattere co’ Lupi, e cogli Orsi. Ma alla Bestia non si arrecò mai danno.

Essa, quasi annojata d’ altro cibo volgare, ai primi d’ Agosto ripensò al suo cibo favorito, cioè ai fanciulli.

A Senago distante da Milano 10 miglia al nord-est, ov’ è un’ ampia brughiera, e qualche bosco, ai due del detto mese sull’ imbrunir della sera stavano venti e più ragazzi uniti guardando i rispettivi loro animali.

Da un lato avean’ un boschetto detto il Deserto, e dall’ altro la pubblica strada, che conduce a Saronno Esce fuori dal bosco l’ Animale, e a ragazzi s’ avventa.

Questi fuggono, chi più, chi men veloce, gridando e urlando.Non vi sono uomini d’ armi, nè cacciatori.

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Antonio Nobili contadino poco robusto stava lì presso tagliando brugo con la falciuola: accorre alle grida, minaccia la Bestia, e questa ritta in piedi attacca zuffa con lui.

Che con la falciuola ne tien lontane le ugne, e i denti, finchè prendendo essa un consiglio più adattato alle sue viste abbandona il Nobili, insegue i fuggitivi, de’ quali ultima era Maria Antonia figliuola di Gioanni Beretta legnajuolo, di anni 8.

La Fiera la afferra co’ denti nel collo, e colla sua preda sen torna al bosco.

I compagni, e ‘l Nobili cercano soccorso; i villani vengono; ma niuno ha schioppo. Alle strida, e al battere de’ ferri la Fiera abbandona la morente fanciulla, a cui trovano 45 ferite nel collo, e altre lacerazioni in altre parti del corpo.

Il Nobili, che ben vide la Bestia, per quanto la paura gli permettea di vedere, la descrisse lunga due braccia, alta uno, e mezzo, con testa porcina, orecchie cavalline, pelo caprino lungo folto, e bianchiccio sotto il ventre.

E più ancora sotto il mento, e alla coda, che lunga era e spiegata, ma era rossiccio e corto sul dorso: gambe sottili, piede largo, ugne lunghe e grosse, largo petto, e stretto fianco.

Tale è pur generalmente la descrizione, che i più ne hanno data.

Altri però, l’ hanno, o credon d’ averla veduta sotto tutt’ altra forma. Se il Nobili avesse avuto lo schioppo divenìa probabilmente l’ Eroe liberator della Patria; ma un pover contadino come può procurarsi schioppo, e munizioni?

Il proprietario del fondo ove succedè il funesto avvenimento, e di quello, che coltivavano i parenti dell’ infelice fanciulla, per ovviare all’avvenire; giacchè non v’ era riparo al passato, pensò ad armare tutti i suoi contadini con 18 schioppi, che chiese in prestito alla pubblica armeria, e tosto gli ebbe.

Lungo camino la maligna Fiera fece alla notte.

Verso la sera del giorno 3 comparve presso Asiano (a 6 miglia da Milano all’ ovest verso Cusago) a tre fanciulli, che stavano presso un campo in guardia delle loro vacche.

Avvicinossi a loro dimenando la coda con perfida mansuetudine, tanto che essendo presso a Domenico Cattaneo fanciullo di anni 13, età, che ad un di presso aveano i suoi compagni, l’ afferrò per la gola, e via sel portò nel vicin bosco.

Corsero gli altri a cercare soccorso. Vennero i contadini, tenner dietro alla strada presa dalla Bestia, che i piangenti compagni indicavano.

Percorsero il bosco; ma indarno; nè la predatrice Fiera, nè la preda trovarono, e cercaronla invano tutto il giorno 4. Solo dopo due giorni rinvennero nel bosco di Casorate il cadavere di quell’ infelice, ignudo, e fracido.

Livido n’ era, e sommamente gonfio il volto; ma mancante del naso: mangiato n’ era il petto, e quanto restava esposto alla voracità della Fiera di quel corpo supino.

Le braccia, le gambe, e gli intestini separati dal corpo erano rimasti come un rifiuto; ma il fegato era stato mangiato in parte: del vestito non vedeasi, che qualche resto di camiscia lorda di sangue.

La descrizione fatta da ragazzi della feroce Bestia corrisponde a quella del Nobili.

La Congregazione Municipale

La Congregazione Municipale, non già che insufficienti riputasse i mezzi opportunamente presi dal Regio Governo.

Ma per mostrare pur essa una giusta premura di veder presto tolto di mezzo questo orribil nemico della pubblica tranquillità, e della vita de’ contadini non solo offrì pur essa un premio di 50 Zecchini per accrescere il già proposto dalla Conferenza Governativa. Ma offrì colle dovute cautele schioppi a chiunque non potea provedersene altronde col seguente

Avviso 

LA Congregazione Municipale di Milano notifica al pubblico d’ avere in via sussidiaria alle providenze già date dalla Regia Conferenza Governativa.

Ed attese le straordinarie circostanze del caso, stabilito un premio di Zecchini 50 per l’ uccisione di quella qualunque Bestia, che da qualche tempo infesta la Provincia, e diè morte ad alcuni fanciulli riportandosi per la prova.

E pagamento al disposto nel recente Avviso della prefata Regia Conferenza, e di avere inoltre ordinata per agevolare tale uccisione la consegna de’ fucili, e bajonette dell’ armerìa civica.

Che si richiederanno per le Comunità dai Regi Cancellieri distrettuali muniti delle opportune facoltà contro loro obbligo in iscritto di farne la restituzione in istato lodevole tosto cessato il bisogno.

Milano li 7 Agosto 1792.

Frattanto ai racconti degli avvenimenti tragici sen frammischiano de’ ridicoli; alcuni de’ quali immaginati erano, altri veritieri. Faceta fu la burla che molti Garzoni di Bottega fecero ad un oste.

Essi armati di schioppo, e sciabola avviaronsi alla Caccia sul mezzo dì essendo presso a una buona osteria un buon pranzo ordinaronsi, e avendo deposte le armi. Che l’ oste addocchiate avea come un pegno, fecero gozzoviglia. Sul finire del pranzo prima che l’ oste portasse loro il conto, ecco, uno arriva ansante, e annuncia nel vicin Campo la Bestia: ognun corre all’ armi, ognuno balza fuori armato.

L’ oste tripudia perchè presso all’ osteria sua verrà uccisa la fiera. I cacciatori si sbandano, e l’ Oste col conto in mano gli aspetta ancora.
Dicesi esser ciò avvenuto al giorno 10, ma al giorno 11 fummo nuovamente a tragedie più tristi delle prime.

La Fiera fatta più ardita s’ avvicina alla Città, e viene alla Cassina di San Siro che n’ è distante appena un miglio fuor di Porta Vercellina. Sceglie il mattino, e già ben alto il sole, e s’ introduce in un Campo di gran-turco.

Forma il suo covaccio sotto una vite scavando il terreno a tal curvatura da potervi comodamente giacere. Vanno in quel Campo alcune ragazze a cogliere le erbe inutili, al doppio oggetto di pascerne il bestiame, di sgombrarne il fondo.

La Bestia loro s’ accosta, le odora per iscegliere il boccon migliore.

Già prendeane per la gonnella una di otto anni ma pentitasi si avventò ad una di dodici che avea nome Regina Mosca, e l’ afferrò pel collo co’ denti, mentre colle ugne lacerolle il petto.

Alle grida delle compagne, e de’ vicini contadini che accorsero la Bestia lasciò la preda mancante di parte del collo, sicchè parea, che le fosse al tempo stesso stato succhiato il sangue della vena jugulare.

Questa avidità di sangue erasi argomentata anche in altre simili uccisioni, onde inferivasi, che nè Lupo fosse nè Orso, ma bensì Jena, o Lupo Cerviero.

Segnatura: Biblioteca Nazionale Braidense – 14.16.E.8.20 Edizione digitale a cura di Guido Mura

Fonte: braidense.it

Approfondimenti:

La bestia del Gevaudan.Nel periodo che va dall’anno 1764 al 1767 nella regione Gévaudan in Francia una strana creatura fa strage di uomini, donne e bambini nei boschi circostanti la zona

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