I leggendari Morkies del Trentino Alto Adige

I leggendari Morkies del Trentino Alto Adige

I Morkies sono elfi di montagna in grado di trasformarsi in sassi, radici o rami per terrorizzare gli escursionisti. Queste leggendarie creature trovano le loro radici in Trentino Alto Adige nelle Alpi italiane e tuttora sono un importante punto di riferimento per il turismo.

Si narra che i Morkies siano elfi o folletti di piccole dimensioni con il dono di poter cambiare il loro aspetto in oggetti. I Morkies sono quindi delle creature mutaforma e popolano l’immaginario collettivo di queste zone da lungo tempo.

Secondo le leggende popolari i Morkies avrebbero alcuni doni come la capacità di poter creare confusione agli escursionisti facendo loro perdere l’orientamento, oppure quando nascosti emettono suoni inquietanti e spaventosi. Si narra che queste creature non siano crudeli con l’uomo, anzi se incontrati e trattati con rispetto aiutano le persone a ritrovare la strada di casa e diventano molto amichevoli e scherzosi.

I leggendari Morkies del Trentino Alto Adige nella coltura locale.

Illustrazione di un elfo. Foto di Ennaej da Pixabay

In Trentino Alto Adige le storie leggendarie su queste creature sono utilizzate come esempio di rispetto per la natura, i boschi e le aree comuni e le persone stesse. Soprattutto nei confronti degli escursionisti che spesso fanno confusione nei luoghi delle escursioni lasciando spesso l’ambiente contaminato da rifiuti.

Ad esempio in questi caso i Morkies agirebbero fissando intensamente, con sguardo severo e glaciale, i “vandali del bosco” creando in loro un inconscio disagio spingendoli ad allontanarsi.

Il Trentino Alto Adige è ricco di leggende un altro esempio è La leggenda del lago di Carezza.

Approfondimenti:

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La strana creatura di Fiesole del 1900

La strana creatura di Fiesole del 1900

A Fiesole, Firenze, al noto musicista fiorentino Enrico Toselli (1883-1926) accadde un evento insolito. La moglie di Toselli era era l’arciduchessa Luisa d’Asburgo-Lorena. Il matrimonio tra i due naufragò dopo pochi mesi.

Durante una passeggiata serale con la principessa ereditaria di Sassonia, di cui erano ospiti, i due coniugi assistettero ad un insolito avvistamento di una strana creatura. Le tre persone si trovavano nei pressi della  Chiesa Santa Maria di Primerana sulla cui ripida scalinata sostava una gigantesca figura. La creatura dapprima fu definita come un grosso cane o vitello ma quando si mostrò alle tre persone si rivelò completamente nera, molto più grande di un vitello.

La strana creatura di Fiesole del 1900

La creatura era completamente nera, con una lunga e robusta coda, dalla sua bocca gocciolava bava e i suoi occhi brillavano. Toselli, sua moglie e la principessa si convinsero di trovarsi di fronte ad una creatura non di questa Terra.

Secondo alcune antiche leggende locali queste creature erano spesso avvistate di notte e provenivano direttamente dal Purgatorio.

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La leggenda dei cavalli verdi in Sardegna

La leggenda dei cavalli verdi in Sardegna

Sardegna.

A Monteleone Rocca Doria in provincia di Sassari si narra da lungo tempo che vivessero i Caddos birdies leggendari piccoli cavalli verdi. Questa leggend,a che narra dell’esistenza di piccoli cavalli dal manto di colore verde, si estende anche in altre zone della Sardegna ma a Monteleone è molto radicata.

Secondo quest’antica leggenda una persona possedeva un esemplare di Caddos birdie proprio a Monteleone quanto la valle del Temo era incolta e ricca di querce. Questi piccoli cavalli dal manto verde, rari da avvistare, sembra vivessero in prossimità del fiume e possedessero facoltà magiche e benefiche.

Sempre secondo la leggenda anche il Re di Monteleone possedeva un cavallo dal manto verde.

La leggenda dei cavalli verdi in Sardegna

Illustrazione di un cavallo. Foto di Džoko Stach da Pixabay

La leggenda del villaggio di Bosa

Si narra che nel villaggio di Bosa vivesse un pescatore, disperato, in quanto non riusciva più a raccogliere il corallo bianco e rosso sufficiente per sfamare i suoi sette figli. Ogni giorno si recava in mare sempre più sconsolato e stanco. Un giorno rientrando con la sua imbarcazione vide una nube di polvere creata da alcuni cavalli al galoppo.

L’uomo si avvicinò cautamente alla nube giungendo a Monteleone Rocca Doria proprio ai piedi del Monte Germinu, dove degli strani cavalli sostavano. I cavalli di dimensioni minute emanavano odore di felce e di muschio. Il loro manto era del colore del mare, verde acqua.

Uno dei cavalli si avvicinò a lui e disse “Non rattristarti , da domani, ogni volta che uscirai per mare, avrai più fortuna. E i tuoi figli non soffriranno più la fame e avranno una vita felice “. I cavalli si dispersero e il pescatore dal giorno dopo riuscì a raccogliere i coralli per sfamare la sua numerosa famiglia.

In una porzione di roccia a Monteleone Rocca Doria è possibile vedere l’impronta dello zoccolo di un cavallo, forse un cavallo magico col manto verde impressa nella roccia.

Curiosità:

-“Sa urmina de su caddu irde” indica l’impronta del cavallo verde.

– “Homine affortunadu pius raru chi sos caddos birdes” significa “un uomo fortunato è più raro dei cavalli verdi“.

Conclusioni:

Probabilmente questi cavalli di piccole dimensioni sono realmente esistiti in questa zona della Sardegna. Il manto verde degli animali era probabilmente dovuto ad un tipo di alghe che si sviluppava su di essi a causa dell’ambiente umido in cui vivevano.

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La leggenda del Rinoceronte Marino in Liguria

La leggenda del Rinoceronte Marino in Liguria.

Fin dall’anno 1932 in Liguria si narra di gigantesche e strane creature marine avvistate nei mari liguri. Secondo una leggenda ligure a partire dal 1932 è stata più volte avvistata una creatura marina lunga almeno dieci metri con un corno sul muso. La strana creatura marina ottenne il nome di Rinoceronte Marino a causa del corno sul muso.

Rinoceronte Marino o squalo elefante?

Immagine illustrativa squalo elefante. Foto di 12019 da Pixabay

Non è da escludere che il Rinoceronte Marino fosse in realtà uno squalo elefante o squalo cetorino. Lo squalo elefante o squalo pellegrino alla nascita è dotato di una protuberanza sul muso che potrebbe corrispondere al corno del Rinoceronte marino.

I Rinoceronti Marini sono quindi giovani esemplari di squalo elefante? In età adulta lo squalo elefante può raggiungere i 12 metri di lunghezza. Tuttavia nonostante il suo aspetto minaccioso lo squalo elefante è innocuo per l’uomo in quanto si nutre di plancton, microrganismi marini. Gli avvistamenti ad oggi di squali elefanti in Liguria sono piuttosto rari in quanto la specie è in via d’estinzione.

Il Rinoceronte Marino è uno squalo?

Probabilmente la leggenda del Rinoceronte Marino ha origine da reali avvistamenti di grandi squali bianchi o Great White Shark che sono spesso avvenuti nel Mar Ligure. Anche squali mako e verdesche note come blue shark o squalo azzurro avvengono piuttosto frequentemente nel Mar Mediterraneo e Adriatico. Spesso è possibile assistere ad avvistamenti di squali, anche di grosse dimensioni, nei pressi delle spiagge nelle vicinanze delle coste liguri. Forse si trattava di squali elefanti con malformazioni fisiche?

Il primo avvistamento del Rinoceronte Marino

Nell’anno 1923 il giovane Agostino a Camogli, vicino alla città di Genova, scorse una strana carcassa impigliata in alcune reti da pescatore. La creatura marina era lunga circa sei metri e possedeva uno strano corno sul muso. Il suo peso stimato era di circa 1200 chili e i pescatori che lo trovarono insieme ad Agostino lo chiamarono Rinoceronte Marino. Il noto giornale dell’epoca Il Corriere della Sera riportò la notizia del ritrovamento e le testimonianze dei pescatori.

Il Rinoceronte Marino è una creatura leggendaria o reale? Del Rinoceronte Marino non vi sono prove certe riguardo la sua esistenza ma solo racconti e leggende popolari. Tuttavia ad oggi i pescatori temono ancora di incontrare questa strana e gigantesca creatura marina.

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La leggenda di Thyrus il drago con l’alito puzzolente

La leggenda di Thyrus il drago con l’alito puzzolente

Secondo una leggenda originaria della città di Terni sito in un Umbria, Italia, un drago dall’alito puzzolente infestava la città. Gli abitanti di Terni disgustati dall’odore nauseabondo dell’alito di questo drago, noto come Thyrus, erano obbligati ad avere sempre con loro dei fazzoletti profumati per proteggere il loro olfatto. La leggenda narra che Thyrus si mostrava in una zona paludosa nota come «La Chiusa» ed era descritto sia come drago “classico” che come alato.

Illustrazione di un drago. Foto di Ria Sopala da Pixabay

Nessun abitante della città poteva sapere se e quando Thyrus sarebbe apparso con il suo orribile fetore, in questo modo cercavano di non farsi trovare impreparati. Secondo la leggenda chi respirava l’alito di Thyrus si ammalava gravemente per poi morire in pochi giorni oppure moriva all’istante per soffocamento. In teoria un incontro con il drago poteva essere letale.

Si narra che un giovane uomo, molto coraggioso, riuscì con estrema astuzia a uccidere il pericoloso drago Thyrus attirandolo in un campo fiorito. Il profumo dei fiori permise al giovane di non respirare il fetore di Thyrus consentendone l’uccisione. Secondo un altra versione della leggenda il giovane uomo scovò il drago nella palude «La Chiusa» e lo uccise affrontandolo nel suo ambiente naturale.

Curiosità:

Non è un caso che lo stemma della città di Terni sia un drago alato. Lo stemma è legato alla leggenda del giovane che uccise il drago Thyrus dal letale alito puzzolente.

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Il leggendario Gnefro nelle cascate delle Marmore

Il leggendario Gnefro nelle cascate delle Marmore

Lo Gnefro o Gnèfru è una creatura che fa parte delle leggende popolari della regione Umbria in Italia.

Gli avvistamenti dello Gnefro sono principalmente nei pressi delle Cascate delle Marmore in Umbria in quanto questa creatura userebbe nascondersi tra i sassi e negli anfratti delle rocce e nell’acqua stessa. Secondo le leggende Lo Gnefro si allontana dalla sua abitazione solo di notte avvicinando coloro che incontra lungo il suo cammino. Chi incontra lo Gnefro, una creatura fondamentalmente timida, potrebbe essere vittima di scherzi o dispetti non pericolosi. Si narra che lo Gnefro sia in grado di lanciare incantesimi di protezione e difesa da nemici.

L’origine della leggenda

Foto della cascata delle Marmore. Foto di Cristina da Pixabay

L’origine della leggenda è nata ne la città di Terni e dintorni. Nelle leggende lo Gnefro è descritto come un bel bambino oppure come uno gnomo o folletto con grande testa e di aspetto sgradevole. Spesso le leggende lo descrivono come una creatura magica mutaforma ovvero uno gnomo che si trasforma in bambino per attirare l’attenzione su di sé. Una sua caratteristica leggendaria è quella di essere in grado di mutare in forma liquida, quindi mimetizzarsi con l’acqua delle Cascate delle Marmore.

Il leggendario Gnefro nelle cascate delle Marmore

La leggenda della cascata delle Marmore

Secondo una leggenda d’amore che riguarda la Cascata delle Marmone una giovane ninfa di nome Nera si innamorò di un ragazzo di nome Velino. I due innamorati non potevano coronare il loro amore impossibile e tramite un incantesimo la dea Giunone trasformò Nera in un fiume. Ma Velino disperato si tolse la vita gettandosi da un dirupo nel fiume Nera, con lo scopo di raggiungere Nera, trasformandosi nella cascata delle Marmore prendendo il nome di fiume Velino. Nel fiume Nera si dice che vivano gli Nefri motivo per cui questi gnomi talvolta raccontano la leggenda della cascata delle Marmore a chi incontrano.

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Skuma la sirena di Taranto la leggenda

Skuma la sirena di Taranto la leggenda

Secondo una leggenda locale, ai tempi in cui Taranto era capitale della Magna Grecia, delle sirene vivevano nelle acque della città che lambiscono la città. Le sirene di Taranto amavano molto il luogo a tal punto da costruire un castello nelle profondità del mare. Nel castello delle sirene fu portata una bellisiima donna locale.

La donna era sposata con un pescatore che lei tradì a causa delle sue lunghe assenze con un ricco uomo facoltoso. Secondo la leggenda l’uomo corteggiò intensamente la donna fino a quando ella non cedette alle sue avances passando una notte con lui. Il pescatore scoperto il tradimento, confessato dalla moglie tremendamente in colpa, decise di uccidere la sua amata gettandola in mare da una barca. L’uomo ben sapeva che lei non sapeva nuotare.

La donna fu salvata dalle sirene e trasportata al castello proclamandola regina dandole il nome di Skuma. Skuma tradotto in italiano dal gergo tarantino significa schiuma. La decisione di proclamare la donna regina nacque dalla sua bellezza che conquistò le sirene.

Secondo la leggenda l’uomo in preda al rimorso, convinto di aver ucciso per annegamento la propria donna,decise di recarsi nuovamente nel punto in cui l’aveva gettata in mare.

Ma le sirene lo rapirono, senza sapere chi fosse in realtà, conducendolo al cospetto della regina Skuma che lo riconobbe immediatamente chiedendo alle sirene di perdonare il suo ignobile e crudele comportamento. Skuma era ancora innamorata del marito e chiese alle sirene di concedergli la grazia non uccidendolo,

Skuma la sirena di Taranto la leggenda

Immagine illustrativa. Foto di Sergei Tokmakov, Esq. https://Terms.Law da Pixabay

A questo punto della narrazione la leggenda assume diverse evoluzioni.

Una versione della leggenda afferma che l’uomo fu portato dalle sirene sulla spiaggia, svenuto ma in vita. Una volta ritornato in sé l’uomo prese coscienza di ciò che era accaduto con le sirene e chiese aiuto ad una fata.

La fata gli disse che l’unico modo per far tornare a casa sua moglie era quello di cogliere un fiore di corallo bianco costudito nel giardino delle sirene. Il fiore di corallo era uno solo e l’uomo tentò di recuperarlo con l’ausilio di una barca. Tuttavia Skuma lo udì e decisero insieme di tentare la fuga dal castello raccogliendo il fiore di corallo.

La coppia mise a punto un piano, l’uomo gettò in mare dei gioielli acquistati con i loro risparmi per distrarre le sirene. Il piano funzionò e le sirene lasciarono sola Skuma al castello per ammirare i gioielli caduti in mare e la donna prese il fiore di corallo portandolo alla fata.

La fata, che attendeva sulla spiaggia il fiore delle sirene, come promesso spazzò via con un incantesimo il castello e le sirene dal golfo di Taranto con un immensa onda.

La Torre Monacella

Una seconda versione della leggenda narra che l’onda creata dalla fata travolse anche l’uomo insieme alle sirene e di loro non si seppe più nulla. In questa versione della leggenda la donna decise di ottenere i voti religiosi e di rinchiudersi di sua volontà in una delle torri del castello Aragonese convivendo con il suo immenso dolore per tutta la vita. Skuma visse nella Torre Monacella. Forse le sirene non erano semplicemente scomparse ma continuarono a vivere nelle placide acque del golfo di Taranto.

Curiosità:

Skuma la Sirena di Taranto è rappresentata in alcune sculture di sale marino sugli scogli del golfo di Taranto. Si dice che il fantasma di Skuma, vestita da monaco, si aggiri per il castello alla ricerca del suo amato nelle notti di plenilunio.

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La leggenda del serpente da latte

La leggenda del serpente da latte

Secondo un’antica leggenda, forse di origini calabresi, durante la notte una serpe di colore bianco si introdurrebbe nelle stalle con lo scopo di nutrirsi del latte della mucche.

Le storie riguardanti la serpe del latte o serpente da latte sono narrate in molte parti d’Italia e questa mitologica creatura è descritta come gigantesca e furba.

Il serpente da latte è descritto come un gigantesco rettile di oltre tre metri di lunghezza completamente bianco con poteri paranormali. Si dice che la serpe da latte possa ipnotizzare con i suoi grandi occhi le persone che incontra lungo il suo percorso oppure mentre succhia il latte alle mucche. La serpe bianca riusciva a bloccare tra le sue spire la mucca a cui succhiava via grandi quantità di latte senza però ucciderla anestetizzandola durante l’attacco.

Secondo la leggenda questo serpente bianco sarebbe la reincarnazione di una persona defunta che andrebbe alla ricerca di mucche da poco partorienti con i vitelli. Dal momento che la leggenda del serpente da latte vede questa creatura come tramite tra il mondo dei morti e il mondo dei vivi i contadini credevano che la serpe bianca fosse la reincarnazione di persone a loro care defunte. I contadini quasi veneravano la serpe bianca donandole brocche di latte poste all’ingresso delle stalle.

La serpe bianca dei fratelli Grimm

Illustrazione di un serpente bianco. Foto di irongroup da Pixabay

C’era una volta un re potente e saggio che ogni giorno, a pranzo, quando la tavola era sparecchiata e non c’era più nessuno, si faceva portare ancora un piatto, coperto, da uno dei suoi servi più fedeli. Solamente lui ne mangiava, poi lo richiudeva, e nessuno sapeva che cosa vi fosse dentro. Un giorno avvenne che il servo, quando il re gli diede il piatto da portare via, non seppe resistere alla tentazione, lo portò nella propria camera, lo aprì e vi trovò dentro una serpe bianca.

Vedendola gli venne una tale voglia di mangiarne che non poté‚ trattenersi: ne tagliò un pezzetto e se lo mangiò. Ma appena lo sfiorò con la lingua, udì con chiarezza ciò che si dicevano i passeri e gli altri uccelli davanti alla finestra e comprese così che capiva il linguaggio degli animali.

Leggi la storia completa sul sito dedicati ai racconti dei fratelli Grimm. La serpe bianca

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Fenrir lupo gigante della mitologia nordica

Fenrir lupo gigante della mitologia nordica

Fenrir, nome che significa “Lupo della brughiera” o “Lupo della palude”, secondo la leggenda è figlio del dio dell’astuzia e dell’inganno Loki e dell’orchessa gigante Angrbodhra. Questa figura mitologica è un lupo gigantesco che probabilmente rappresenta l’antica paura ancestrale dell’uomo nei confronti dei lupi. Secondo la leggenda norrena Fenrir fu rapito appena nato dai Dei di Asgard. La creatura fu nutrita e incatenata con delle catene magiche che tuttavia non riuscivano a contenere la sua forza.

Nessuna di queste catene fu utile per gestire la prigionia di Fenrir fino a quando un nano riuscì, tramite l’utilizzo di una sorta di pozione ad immobilizzare la gigantesca creatura. Nella pozione era contenuto il silenzio di un gatto, il respiro di un pesce e le radici di un monte. Per far cessare i latrati terribili e inquietanti di Fenrir fu infilzata tra le sue gigantesche fauci una spada che non permetteva al lupo di ululare e deglutire. Per cui la sua saliva, che scorreva incessantemente mentre sbavava tentando di liberarsi e latrare, diede origine al fiume Van.

Fenrir lupo gigante della mitologia nordica

Illustrazione di Fenrir, lupo gigante. Mabel Dorothy Hardy, Public domain, via Wikimedia Commons

Il lupo gigantesco e rabbioso rimarrà incatenato fino alla fine del mondo e si libererà dalla sua prigionia al giungere della stessa giustiziando gli Dei. Secondo la leggenda la bocca di Fenrir spalancata toccherà il suolo e il cielo.

Curiosità:

Di seguito il trailer di un recente film basato su questa creatura mitologica, i Lupi mannari sono spesso protagonisti di film, videogiochi e serie televisive.

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I Mazzamurelli dispettosi folletti o angeli?

I Mazzamurelli dispettosi folletti o angeli?

Queste mitologiche creature sono angeli caduti in Terra, come afferma una leggenda che li riguarda, oppure sono folletti troppo vivaci che amano spaventare le persone? La leggenda dei Mazzamurelli è nota in tutta Italia sia al nord che al sud. A Milano vi è una via il cui nome è dedicata a queste figure nota come “Vicolo dei Mazzamurelli”. I Sicilia si afferma che il loro nome, Mazzamurelli, significhi: Mazza Mori, ovvero “ammazza i Mori ( termine con cui sono indicati i saraceni)”. In Sicilia i Mazzamurelli potrebbero essere figure riferite al passato storico della regione.

Immagine illustrativa di uno gnomo. Foto di Manfred Richter da Pixabay

I Mazzamurelli dispettosi folletti o angeli?

Questi gnomi dispettosi sono descritti come piccoli ed esili con un cappello rosso in testa e un bastone con cui bussano alle porte ( Mazza) e ai muri ( Murello) delle abitazioni.

Un altra leggenda vede i Mazzamurello come Angeli caduti in Terra in grado di creare ponti con l’aldilà e con i defunti. Se una persona riesce a impossessarsi del cappellino rosso del folletto quest’ultimo è disposto ad esaudire ogni desiderio pur di riaverlo con sé.

Approfondimenti:

Infine leggi l’articolo del sito I Folletti italiani dalla A alla Z

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Secondo alcune leggende, il gatto è l’unico animale in grado di tenere testa al Diavolo, inoltre, gli sono attribuiti poteri paranormali che in passato ne hanno quasi causato lo sterminio. Alcune di esse narrano l’esistenza di gatti giganti, forse alieni, dotati di lunghe zanne e caratteristiche paranormali. Dunque, il gatto, potrebbe davvero essere un animale magico, oppure si tratta di un demone? In questo volume sono raccolte alcune tra le più suggestive leggende sui gatti.

Buona lettura

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